PERUGIA - Nuova archiviazione per la morte di Nicola Romano, il ragazzo di 26 anni trovato senza vita in un appartamento del centro storico di Perugia, il 17 agosto 2013. Il gip di Perugia ha accolto la richiesta di archiviazione della Procura generale che aveva avocato a sé il fascicolo dopo la riapertura del caso. Una morte classificata come overdose che aveva, però, non pochi aspetti poco chiari, su cui la sorella Maria Chiara e la madre Terry avevano chiesto di fare approfondimenti, chiedendo che il corpo di Nicola fosse riesumato e sottoposto a nuova autopsia, che venissero sentiti alcuni testimoni indicati, nome e cognome, dalla famiglia. Ma per il giudice, a distanza di 12 anni quasi, la possibilità di chiarire se il ragazzo sia morto per droga oppure no è praticamente nulla. "Siamo indignate, frustrate per come la giustizia, ancora una volta, abbia ignorato totalmente quello che è successo, quella notte, in quella casa" commenta Maria Chiara ai microfoni della Tgr. "Non possiamo accettare di sentirci dire che non è stato possibile andare avanti quando non è stato fatto neanche un tentativo. Non ci fermeremo" aggiunge ancora la donna, che con la madre è stata assistita dall’avvocato Barbara Romoli. Perché la famiglia, lo ripete da sempre, che Nicola non sia morto perché ricaduto preda dei suoi vecchi demoni, non lo crede. Di fronte a dati ritenuti oggettivi. Quelli riscontrati in casa, come i diversi bicchieri, i mozziconi di sigaretta, la posizione del corpo, rinvenuto in una posa quasi di difesa. E poi ancora, le minacce e le botte che il ragazzo avrebbe subito nei giorni precedenti alla morte. "Procederemo di nostra iniziativa - prosegue ancora la sorella - iniziando dalla richiesta di riesumare noi il corpo e far fare accertamenti. Non può essere il costo di un’indagine a bloccare la ricerca della verità. Quanto vale la vita di un ragazzo di 26 anni".
CronacaAltra archiviazione. La sorella: "Non ci fermeremo"