La presenza di una proteina (alfa-sinucleina) scoperta nei malati affetti da Alzheimer, potrebbe contribuire a selezionare gruppi di pazienti più omogenei per gli studi clinici che potrebbero trarre beneficio nella cura della patologia da trattamenti contro la presenza di questa stessa proteina. E’ questo l’importante risultato della ricerca appena pubblicata dalla prestigiosa rivista "Alzheimer’s & Dementia: The Journal of the Alzheimer’s Association" prodotta grazie alla collaborazione scientifica tra la Sezione di Neurologia del Dipartimento di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Perugia e la statunitense Amprion Inc. Autori del lavoro sono i ricercatori del Centro per i disturbi della memoria - Laboratorio di neurochimica clinica dell’Università degli Studi di Perugia, fra cui Giovanni Bellomo e Lucilla Parnetti . L’indagine ha verificato la presenza di "sinucleinopatia" in un ampio gruppo di pazienti affetti dalla malattia di Alzheimer nel liquido cerebrospinale (aS-Saa). L’alfa-sinucleina è una proteina chiave nella patogenesi e progressione della malattia di Parkinson. Precedenti studi neuropatologici avevano rilevato la presenza di forme patologiche di questa proteina in circa il 30% dei cervelli di pazienti affetti da malattia di Alzheimer, ma finora il dato era rimasto confinato al post-mortem, mentre ora la rilevazione è avvenuta ‘in vivo’. La positività al test a S-saa è stata riscontrata in tutte le fasi cliniche dell’Alzheimer, compresa quella totalmente asintomatica, ed è risultata associata a un più marcato declino cognitivo al follow-up. Stratificare quindi i pazienti con Alzheimer in base al test aS-Saa nel liquido cerebrospinale potrebbe contribuire a selezionare gruppi di pazienti più omogenei per gli studi clinici.
CronacaAlzheimer, uno studio dell’Ateneo per migliorare i criteri diagnostici