Amanda Knox contro la magistratura italiana: “Mi tortura da 17 anni”

Lo sfogo sui social dopo la condanna a tre anni di reclusione inflittale dalla Corte d'assise d'appello di Firenze nel processo per calunnia nei confronti di Patrick Lumumba

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Amanda Knox in tribunale a Firenze (New Press Photo)

Perugia, 15 agosto 2024 – "Il sistema giudiziario italiano mi sta torturando da 17 anni. È iniziata durante il mio interrogatorio e continua nei tribunali, più di recente nelle motivazioni pubblicate l'8 agosto che spiegano perché mi hanno dichiarato colpevole di diffamazione a giugno". Così Amanda Knox sui social si scaglia contro la magistratura italiana dopo la condanna a tre anni di reclusione inflittale dalla Corte d'assise d'appello di Firenze nel processo per calunnia nei confronti di Patrick Lumumba, nell'ambito della vicenda giudiziaria per l'omicidio della studentessa inglese Meredith Kercher, avvenuto a Perugia la sera del 1º novembre 2007. Al centro di quest'ultimo processo le affermazioni della Knox su Lumumba, all'epoca suo datore di lavoro in un pub perugino, in un memoriale scritto il 6 novembre 2007, prima di essere trasferita in carcere perché accusata dell'omicidio di Meredith insieme al suo fidanzato di allora, Raffaele Sollecito.

Si doveva stabilire, scrive l'americana, "se un singolo documento, una nota o memoriale, che ho scritto per ritrattare le due dichiarazioni che sono stata costretta a firmare durante il mio interrogatorio, fosse diffamatorio nei confronti del mio amico e datore di lavoro, Patrick Lumumba". "Tutti, me compresa, ammettono di aver scritto il memoriale senza essere sollecitati, anche se vale la pena sottolineare che ero ancora sotto custodia della polizia e mi è stato comunque negato l'accesso a un avvocato e a un interprete ufficiale quando l'ho scritto - spiega Amanda - Dopo ore di tortura psicologica, sono stata finalmente lasciata sola e ho iniziato a realizzare che le dichiarazioni che mi avevano fatto pressione per firmare probabilmente non erano vere. Ho provato a dirlo alla polizia, ma mi hanno ignorato. Così ho chiesto una penna e un pezzo di carta".

Secondo Amanda Knox, "il giudice ignora quando ho scritto: 'Voglio chiarire che ho molti dubbi sulla veridicità delle mie dichiarazioni perché sono state fatte sotto la pressione di stress, shock ed estremo esaurimento'. Ignora quando ho scritto: 'Chi è il vero assassino?' e: "Non credo di poter essere usata come testimone di condanna". Scrive che la giurisprudenza stabilisce che anche una falsa accusa presentata in modo dubbio è comunque diffamazione penale, a condizione che l'accusa sia stata fatta sapendo che l'imputato era innocente".

Amanda ribadisce: "Non ero presente a casa mia quando Meredith è stata assassinata, non sono stata coinvolta e non so più di quanto si possa dedurre dalle prove". Poi annuncia: "State tranquilli: tornerò in Corte di Cassazione per combattere questa cosa".