Da una cella del carcere di Terni il boss ‘Savinuccio’ Parisi continua a gestire il clan. Lo sostiene la Dda che ha chiesto per lui una condanna a 20 anni. "Io non rimpiango niente... rifarei tutto". Parlava così, intercettato, il boss del quartiere Japigia di Bari ‘Savinuccio’ Parisi, da tempo in carcere a Terni e imputato in processo abbreviato nell’ambito dell’inchiesta “Codice interno“, che ha svelato i presunti intrecci tra mafia, politica e imprenditoria cittadina.
Il prossimo 12 febbraio è previsto l’esame di Parisi, per il quale la Dda ha chiesto la condanna a 20 anni di reclusione. Secondo l’accusa, Parisi continuerebbe a gestire gli affari del clan anche dal carcere, mandando “ambasciate“ ai suoi familiari (soprattutto al figlio Tommaso, anche lui detenuto nell’ambito della stessa inchiesta) e al fratello Giuseppe ‘Mames’, considerato il reggente del clan nella sua assenza.
Nelle videochiamate autorizzate, e intercettate dagli inquirenti, Parisi continuerebbe a dare indicazioni e a ottenere informazioni usando un linguaggio "criptico e allusivo", come si legge negli atti della Dda, fatto di parole in codice e gesti con le mani. "Mi raccomando aspetta a me, quando vengo io dobbiamo sistemare qualche cosa", dice Parisi in un’intercettazione con il cugino che, da quanto emerso, avrebbe difficoltà a trovare lavoro. "Mames mi raccomando per piacere, non ti mettere in mezzo a nessun impiccio", è invece un consiglio dato al fratello.
Nelle prossime udienze verranno interrogati, oltre Parisi, anche suo figlio Tommaso e l’ex consigliere regionale Giacomo Olivieri.