REDAZIONE UMBRIA

Brutte parole da non usare mai. Diciamo no alla violenza verbale

Alcune scritte offensive apparse nel nostro territorio ci invitano alla riflessione e ad agire. CLASSE 3 A DELLA SCUOLA “VALENTI” (TREVI). .

Brutte parole da non usare mai. Diciamo no alla violenza verbale

"La violenza verbale è la prima forma di aggressione ed è quel tipo di violenza su cui non ci si sofferma. Spesso determinate espressioni sono considerate come innocue prese in giro, però le parole fanno male, possono essere delle pietre e le pietre, se lanciate, lasciano ferite". Sono queste le parole di una mamma calabrese, Teresa Manes, il cui figlio Andrea, vittima di continue derisioni a scuola e sui social, si suicidò nel 2012 quando aveva 15 anni. Ascoltate in un documentario, ci sembrano adatte anche per un fatto accaduto di recente a Trevi. A novembre sono infatti comparse varie scritte fatte con una bomboletta spray di colore azzurro, realizzate sporcando muri e cartelli della segnaletica lungo tratti di strada e incroci molto trafficati.

La parola riprodotta è sempre la stessa: non una parola qualsiasi ma un insulto pesante indirizzato verso una ragazza o una donna. In classe abbiamo ragionato sulle motivazioni di questo gesto, ponendoci delle domande. A chi è indirizzata quest’offesa? Cosa ha fatto la vittima per meritarsi di essere trattata così? Ma soprattutto ci siamo chiesti chi sia il responsabile e cosa lo abbia mosso. Del resto, neppure possiamo escludere del tutto che l’autore sia una donna che voglia infangare un’altra donna, magari sua rivale in amore in quanto entrambe interessate allo stesso uomo. Se invece, come è più probabile, l’autore di queste scritte è un uomo, allora dobbiamo pensare che si tratti di un innamorato respinto? Oppure si tratta di un uomo lasciato dalla sua donna? Da quest’ultima tradito con un altro uomo? Qualsiasi comportamento nel privato non giustifica una simile violenza. Scrivere dovunque questa parola cosa risolve?

Può solo peggiorare le cose. La persona a cui è rivolta l’offesa potrebbe non reggere la pressione oppure chi ha osato tanto, non accontentandosi, potrebbe passare alla violenza fisica: quanti femminicidi potevano essere evitati se si fosse dato maggiore peso ai comportamenti persecutori messi in atto contro la vittima ben prima dell’omicidio? E noi, non coinvolti direttamente, dobbiamo ignorare il fatto? Tollerarlo? Su una seguitissima pagina Facebook, in cui vengono pubblicate continue segnalazioni inerenti il territorio di Trevi (dai gatti smarriti ai cani randagi, dagli immobili in affitto ai rifiuti abbandonati), per ben tre mesi nessuno fra i nostri concittadini ha segnalato la gravità della cosa, come se fosse normale. Eppure non si può restare indifferenti. Qualcosa si deve fare.