"Dopo 29 anni di passione, lavoro e dedizione nel nostro paese, ci troviamo purtroppo “costretti“, non per nostra volontà, a chiudere il nostro esercizio in questa sede". Nelle poche righe, pubblicate dai titolari e dipendenti dell’officina Eurocar di Passignano, si concentrano 16 anni di battaglie legali, 11 ricorsi tra Tar e Consiglio di Stato, 5 proprietari (banche che hanno gestito il leasing) del terreno dove sorge l’ormai noto “capannone della discordia“.
"È un momento difficile – spiegano – ma vogliamo affrontarlo con lo stesso spirito che ci ha accompagnati in tutti questi anni: la voglia di andare avanti e di non fermarci qui". Il capitolo più recente della vicenda è stato scritto con il pronunciamento del Consiglio di Stato arrivato pochi giorni prima di Natale, con cui sono stati definitivamente respinti i ricorsi avversi alla sentenza di demolizione del capannone.
In poche parole: il capannone è illegittimo perché privo di titoli fin da quando è stato costruito, abuso che non poteva essere sanato, nonostante il Comune ci abbia provato in tanti modi, alcuni dei quali ritenuti illegittimi dai giudici amministrativi. Oggi il nuovo Piano regolatore ha cambiato la destinazione d’uso di quel terreno e anche se, per assurdo, quell’edificio potrebbe essere abbattuto e al suo posto potrebbe anche esserne realizzato un altro, l’abuso deve essere demolito o diverrà patrimonio comunale che potrebbe anche destinarlo ad un fine pubblico.
Ma tutto nasce nel 2009, quando il Comune di Passignano rilasciò un permesso a costruire su quel terreno: il confinante fece ricorso e il Tar lo accolse, perché quella particella prevedeva la destinazione a pubblico servizio. Il Comune andò avanti lo stesso, il capannone venne realizzato da una società di leasing e destinato all’autofficina. La perseveranza del Comune proseguì con una variante al Prg che modificava la destinazione urbanistica dell’area interessata, anche questa volta i confinanti si opposero e la variante venne annullata dal Tar nel 2016.
Il Comune presentò ancora appelli a queste sentenze, poi riuniti dal Consiglio di Stato e respinti con sentenza passata in giudicato nel 2016. Una ostinazione, quella del Comune che si infrange nuovamente dinanzi al Tar per l’ottemperanza alla demolizione nel 2017. Dal canto suo l’attuale amministrazione, che ha ereditato questa spinosa vicenda, nel 2023, ha ordinato la sospensione dei lavori e ingiunto a Intesa San Paolo spa, in qualità di proprietaria, di provvedere alla demolizione dell’edificio. Altra partita quella del risarcimento chiesto dal confinante al Comune, per la quale un nuovo round è atteso a marzo.