REDAZIONE UMBRIA

Chiara da Montefalco, la missione di essere sempre portatori di pace

C’è qualcosa che sa di pace ogni volta che si guarda un presepe. Al di là delle variazioni più o meno indovinate per renderlo contemporaneo, nel presepe si sente qualcosa di pacificato e di cui c’è bisogno. Ci pensiamo di più proprio ora che si comincia a smontarli. Anche i nostri paesi e città umbri si presentano così. E’ merito di quella tradizione avviata da Francesco d’Assisi a Greccio, che poi è diventata anche gusto del paesaggio. Il presepe, nel suo duplice significato di "mangiatoia, greppia" e, letteralmente, di "luogo che ha davanti un recinto", non è chiuso; è aperto dai poveri (come quella famiglia di Nazareth per cui non c’era posto a Betlemme) ai pastori e ai più lontani, i sapienti Magi. C’è sete di "presepe", di pace. Un saggio di Marino Pagano su Chiara da Montefalco (1268-1308) tocca un aspetto nodale della vita di mistici e santi non solo umbri che non viene adeguatamente sottolineato. Nel ritratto di alcune figure di santi, infatti, i coevi e gli studiosi hanno insistito in modo doloristico sull’immedesimazione degli stessi con il Cristo stimmatizzato, ma senza domandarsi il perché. A proposito delle afflizioni di mistici e mistiche, Marino Pagano individua, a partire da Chiara, la missione di essere "paciari" e "paciare", cioè di comporre i conflitti e portare pace in paesi e città vicinissime, come erano in una stessa regione, città quali Assisi e Perugia, teatri di guerre e vendette sanguinose. Le stimmate, le ferite, hanno un senso "ultra-dolorista", per la pace che non c’è. Immaginiamo il bambino di Natale uscire dal presepe, diventare grande e percorrere la terra come padre di tutta l’umanità: come potrebbe reagire davanti a figli che non si riconoscono né tali né fratelli e che anzi sono capaci di violenze individuali e corali di grande potenza distruttiva? Un padre così non potrebbe che portare nel suo corpo il segno delle ferite e farne fiorire il tentativo di raccogliere, di pacificare, di unire i figli, a costo della propria vita. Come è accaduto. Speriamo che ovunque nascano "paciari" e "paciare"

Michele Brancale