Un amministratore libero, di quelli che "non piacciono perché sono autonomi, indipendenti dagli interessi, o di partito e correntisti, o economico finanziari". Di quelli che "prima se ne vanno e meglio è". Catiuscia Marini ha preso nuovamente la parola nel processo per la presunta gestione illecita di concorsi per assunzioni e promozioni nella sanità regionale. Processo nel quale è imputata e, da indagata, per il quale si è dimessa da presidente della Regione. "Quello che mi è stato chiesto di fare – ha ribadito in riferimento proprio alle sue dimissioni – non l’ho mai visto chiedere per i presidenti di sesso maschile".
Marini ha difeso il lavoro svolto negli otto anni di governo regionale, in particolare proprio a favore della sanità, che, ha ricordato, era modello a livello nazionale: "Spero che venga restituita dignità al lavoro faticoso che abbiamo fatto per a tutela del servizio sanitario. Non era un sistema sanitario malato, dove si concentrava il malaffare, non era un sistema sanitario dove si organizzavano addirittura delle associazioni a delinquere per danneggiare non so bene cosa. Nella sanità ci sarebbe stata un’organizzazione piramidale con a capo la presidente, cioè io, Gianpiero Bocci e Luca Barberini. Io e Bocci insieme fa ridere chiunque conosca un minimo di dinamiche interne del partito di allora. Non ho mai pensato di danneggiare il sistema sanitario pubblico per fare entrare in privato che c’è sempre stato in Umbria ma in maniera di supporto".
"Sinceramente – ha detto ancora in riferimento alle contestazioni – sentirmi accusata di aver promosso una associazione a delinquere in una regione dove c’è il fondo sanitario e i fondi europei rilevantissimi, di aver marchingegnato tutto questo per aiutare una persona che con me non aveva nessuna connessione, mi sembra assurdo. Non ho mai istigato alcuno a commettere reati e meno che meno i dipendenti, i direttori e i dirigenti della Regione, dove la mia preoccupazione era esattamente sempre l’opposto".
Per l’ex presidente "in questa vicenda non è stato tutelato il servizio sanitario regionale. E oggi ne paghiamo le conseguenze perché è stata eliminata una classe amministrativa e dirigenziale nata e cresciuta professionalmente in Umbria con una conoscenza del territorio, dell’organizzazione, della programmazione". In precedenza il suo legale, l’avvocato Nicola Pepe, aveva chiesto l’assoluzione non solo dall’accusa di associazione per delinquere, come già sollecitato dal pubblico ministero, ma anche dai singoli reati: "Che non solo non ha commesso ma non ha nemmeno intravisto nella sua carriera politica".