ERIKA PONTINI
Cronaca

Varianti del virus, l’Umbria rilancia l’Sos: "Vaccinazione di massa, ma ci servono dosi"

Perugia, appello della virologa Mencacci: " Per raggiungere l’immunità di gregge non basta proteggere il 65% della popolazione"

L’Umbria ha bisogno di più vaccini

Perugia, 11 febbraio 2021 - "Abbiamo bisogno che le persone a rischio siano protette, quindi occorre aumentare il numero dei vaccinati, soprattutto dopo aver scoperto che qui circolano le varianti Inglese e Brasiliana. Per raggiungere l’immunità di gregge non possiamo fermarci al 65% di vaccinati, serve un valore molto più alto, sempre che ci siano le dosi". Che non ci sono. L’appello è della professoressa Antonella Mencacci, direttrice del Laboratorio di Microbiologia che, per prima, si accorse di un’anomalia in un reparto non-Covid dell’ospedale di Perugia e l’8 gennaio inviò i campioni dei due pazienti all’ISS poi risultati contagiati con la variante brasiliana. Quindi inviò per il sequenziamento altri campioni: 18 risultati positivi all’Inglese, 12 per la Brasiliana. Professoressa, ma il vaccino funziona sulle varianti? "Un importante lavoro scientifico su Nature Medicine dimostra che in vitro i sieri dei soggetti vaccinati con vaccino ad RNA neutralizzano efficacemente le varianti Inglese e Sudafricana. Siccome la Brasiliana è molto simile alla Sudafricana, abbiamo fondate speranze che possa funzionare". E quella Inglese? "Colpisce i più giovani che la trasmettono agli anziani, ma i vaccini sono validati solo oltre i 18 anni. Se aumenta il numero di infetti – come sta avvenendo – per raggiungere l’immunità bisogna aumentare la percentuale di persone vaccinate". Ma in Umbria ben 220 sanitari sono stati infettati e molti avevano ricevuto il vaccino... "Molti di loro si sono infettati dopo la prima dose e pochi a ridosso della seconda. Per poter dire che il vaccino non ha funzionato l’infezione dovrebbe essere acquisita dopo 7-12 giorni dalla seconda". Come si è accorta della variante Inglese? "Abbiamo mandato ai laboratori dell’ISS i campioni in cui il test molecolare non evidenziava il gene S (tutti del territorio) caratteristica tipica della variante Inglese, e sui quali nutrivo sospetti". E l’altra mutazione? "Il ministero aveva avviato una campagna di screening: nella prima settimana di gennaio avremmo dovuto mandare solo i campioni di dicembre ma proprio l’8 gennaio abbiamo identificato i due pazienti positivi in un reparto non-Covid. La collega Barbara Camilloni ha quindi deciso di inserire anche quelli". Avete scoperto anche come è entrata in ospedale… "In un caso un caregiver. In ospedale tutti quelli che entrano come ricovero programmato o urgenza vengono sottoposti al tampone molecolare. Anche le assistenze. Una di queste è diventata positiva ed ha contagiato il suo assistito". Perché le varianti sono così pericolose? "Le varianti ci fanno paura perché sono più trasmissibili. La brasiliana può dare delle reinfezioni ma non si sa se la malattia sia più grave di quella data dal virus originale". Avete avuto questi casi? "Tra i campioni che abbiamo mandato ce ne erano due di probabili reinfezioni, dovuti a variante brasiliana. Abbiamo osservato altri casi di probabile reinfezione, una in un paziente che si era infettato a marzo e abbiamo mandato i campioni all’ISS".