La disoccupazione femminile nel territorio non è censita, talmente vasta da non essere di fatto stimata. Alcuni dati ufficiali, tra i pochissimi messi a disposizione (anche la disoccupazione è diventata top secret): al 30 giugno 2021 le persone disoccupate iscritte ai Centri per l’impiego della provincia di Terni erano 22.006, di cui 12.449 donne (56,6% sul totale). E’ quanto emerge dagli ‘Indicatori dell’economia ternana’, osservatorio coordinato dalla Prefettura che riporta dati di circa dieci mesi prima. Una volta erano comunicati in tempo sostanzialmente reale, una volta. "Innanzitutto chi si iscrive ai Centri per l’ Impiego non rappresenta il totale di chi cerca lavoro. C’è chi non si iscrive nemmeno, per sfiducia, disaffezione o perché si rivolge ad altri canali. Quindi i numeri della disoccupazione, femminile e maschile, sono molto superiori rispetto alle iscrizioni ai Centri per l’Impiego". Ecco, appunto. A parlare è Lucia Rossi, dirigente sindacale di grande esperienza, attuale segretaria della Filcams Cgil ternana.
"Sosteniamo da molto tempo – spiega Rossi – che Terni non offre occupazione femminile se non attraverso il pubblico impiego, che passa ovviamente per selezioni e concorsi, oppure nel settore di terziario e commercio. Non abbiamo sul territorio un settore produttivo specifico per le donne, la cui stragrande maggioranza si rivolge a commercio e terziario, comparti in cui la precarietà è altissima. Commercio e terziario, quindi, rappresentano l’unica opportunità di occupazione femminile ma, allo stesso tempo, sono settori segnati dalla precarietà: non solo c’è una sacca di lavoro grigio significativa ma molto spesso le donne devono anche dichiarare di non voler fare figli nell’immediato. Siamo ancora in queste situazioni".
Qualcosa è stato fatto? "Pochi anni fa – continua Lucia Rossi – lanciammo una campagna sull’innovazione della grande e media industria che avrebbe potuto essere appannaggio dell’occupazione fenminile, ma pochissime aziende hanno investito in questo senso. Qui non c’è terziario avanzato. Anche nel comparto dei servizi alla persona, a connotazione femminile, ci sono precariato, mancato rispetto dei contratti nazionali, mansioni sottopagate". Che fare quindi? "Rilanciamo il ‘Patto per la legalità’ , che già proponemmo in passato alle associazioni datoriali con le altre organizzazioni sindacali – conclude Rossi –. Un’iniziativa dal duplice obiettivo, che per noi garantisce la regolarità dei contratti e alle aziende permette di eliminare la concorrenza sleale".
Stefano Cinaglia