
di Roberto Conticelli
Pietro Gelmini, don Pierino, è stato un uomo del nostro tempo. Uno dei tanti che hanno attraversato il Secolo Breve lasciandosi dietro giudizi sospesi pure nella lunga stagione delle certezze e delle statistiche. Già, proprio i numeri parlebbero per lui, con le centinaia di migliaia di ragazzi strappati al rischio di morte grazie alla sua Comunità Incontro. Ma sulla figura di don Pierino si addensano ancora oggi dubbi e incertezze, soprattutto sospetti.
In quanto uomo del Novecento quotidianamente impegnato contro il flagello della droga, quella di Pierino è stata un’esistenza scomoda e non l’hanno certo aiutato la simpatia per Bettino Craxi (il 28 gennaio 2001 celebrò una messa di commemorazione nel primo anniversario della scomparsa del leader socialista) come pure la vicinanza a Silvio Berlusconi (con lui nella foto) e al suo progetto politico. Al cospetto di nomi tanto illustri, potenti e temuti, in pochi ricordano come alcuni decenni prima don Pierino fosse casualmente divenuto amico di Alfredo Nunzi, un ragazzo di strada rovinato dalla tossicodipendenza che gli aveva chiesto di prendersi cura di lui. Il politically correct di quegli anni massificati era passato sopra all’aiuto offerto da una parte del clero, nel primo Dopoguerra, ai criminali nazisti in fuga verso il Sudamerica, per poi chiudere ancora gli occhi, molti anni dopo, sui sacerdoti vicini ai crudeli regimi militari di Argentina e Brasile, eppure l’abito talare del ’Don’, spesso pomposamente esibito tra coccarde e croci dorate, ebbe ben pochi sconti. Pierino è stato, nello spazio di una sola vita, dapprima un mito di salvezza e poi il diavolo, un prete dal cuore d’oro e un mostro, campione di solidarietà e presunto maniaco sessuale. Con l’apertura del Centro di Molino Silla, nel settembre 1979, seppe dare vita alla prima realtà organizzata privata per il recupero dei giovani caduti nella morsa delle dipendenze, aprendo un fronte attivo ancora oggi e pruri-imitato in ogni parte del mondo.
Personalità tracimante, amante della ribalta fino a condurre in tv un programma di musica giovanile, amico e sostenitore di cantanti e personaggi dello spettacolo, polemista nato, globetrotter e anticipatore dei tempi perfino nel contrasto esacerbato con il mondo musulmano (nel febbraio 2006 fu tra i 120 firmatari del manifesto di Marcello Pera "a difesa dell’Occidente"), don Pierino distruggeva ma nel contempo costruiva, e riuscì a erigere l’architettura sociale e morale della lotta alla droga, divenendone simbolo indiscusso. Inanellò successi pubblici e catastrofi personali, fino alla dimissione, nel 2008, dallo stato clericale per potersi meglio difendere dalle accuse di presunti abusi sessuali che nel frattempo gli erano piovute addosso. Visse la malattia con coraggio e morì il 12 agosto 2014 ad Amelia, quando aveva 89 anni. Si spense tra i suoi ragazzi e fino all’ultimo li incoraggiò a sconfiggere la schiavitù delle sostanze stupefacenti.
"Lui per primo ha aperto le porte e ancora oggi le nostre porte restano aperte – afferma Giampaolo Nicolasi, attuale capostruttura della Comunità Incontro – per assicurare a quanti ne hanno bisogno una piena possibilità di recupero. In tutti questi anni di attività della Comunità stimiamo che, in Italia e all’estero, oltre 300mila persone siano giunte in contatto con noi e con le nostre forme di assistenza. E’ vero – prosegue Nicolasi –, i numeri hanno la loro importanza, ma a noi piace ricordare una semplice frase di don Pierino che ha il pregio di riassumere il suo credo: ‘Se anche ne avessimo salvato uno soltanto, avremmo salvato un’intera generazione’. A don Pierino non possiamo che dire grazie per averci lasciato la Comunità Incontro e per essere ancora oggi il nostro maestro, il nostro faro, la nostra guida".
Si compiaceva di essere intervistato, don Pierino, e nel corso di un colloquio con La Nazione in occasione dei suoi ottant’anni, celebrati con una grande festa, ebbe a dire: "E’ quasi normale che su di noi che operiamo quotidianamente contro la logica perversa del mercato illegale della droga si abbattano strali, accuse e maldicenze. Noi infatti non siamo i più forti in questa battaglia, poichè gli altri, i mercanti internazionali della morte, spesso siedono nelle poltrone del Potere e controllano uomini, ambienti e informazioni. Però noi disponiamo di una grande arma, la possibilità di parlare direttamente alle coscienze delle persone. E negli occhi di un ragazzo che ti guarda mentre annaspa in cerca di vita c’è la verità, l’unica verità del nostro agire".