Gli scatti di Dorothea Lange, una delle fotografe più celebri del secolo scorso, segnano un nuovo inizio per Palazzo della Penna. E’ una mostra dal fortissimo valore simbolico quella che si è inaugurata ieri nelle sale del primo piano, voluta dalla sindaca Vittoria Ferdinandi e dall’assessore alla cultura Marco Pierini, pronti a raccontare con emozione e orgoglio il primo tassello dell’evoluzione del profilo di Palazzo della Penna che da Museo civico diventa ’Centro per le Arti Contemporanee’.
"E’ la prima mostra promossa dalla nostra amministrazione – ha detto la sindaca – in un luogo che deve tornare a vivere, come spazio di fruizione quotidiana, sede di mostre, contenitore delle migliori energie artistiche della città". Al suo fianco il vicesindaco e assessore Pierini rilancia: "Palazzo della Penna riafferma con forza la vocazione di polo dell’arte contemporanea aprendo le porte alla produzione di una figura di spicco nella storia della fotografia a livello mondiale".
Dorothea Lange, ricordano, è considerata la madre della fotografia sociale e documentaria del Novecento, con scatti di fortissimo impatto emotivo nella loro nitidezza su temi ancora oggi attualissimi come crisi climatica, migrazioni e discriminazioni. A raccontare la mostra sono poi Carlo Spinelli, segretario generale di Camera, il Centro Italiano per la Fotografia di Torino, e Monica Poggi, curatrice con Walter Guadagnini: il percorso si snoda attraverso oltre 130 scatti che raccontano dieci anni di lavoro fondamentali nel percorso di questa straordinaria autrice.
Sono gli anni Trenta e Quaranta, quando Dorothea Lange, ai tempi ritrattista, decide di documentare con il marito, l’economista Paul S. Taylor, gli eventi epocali che hanno stravolto l’assetto economico e sociale degli Stati Uniti. Entra nel programma governativo di documentazione “Farm Security Administration“ e con le sue foto racconta le drammatiche condizioni di vita dei lavoratori agricoli delle aree centrali del Paese, colpiti da una terribile siccità e devastanti tempeste di sabbia. A Palazzo della Penna scorrono luoghi e volti della tragedia della povertà, simboleggiata da “Migrant Mother“, ritratto iconico di una giovane madre disperata.
"La nostra sfida – dice la curatrice – è uscire dal tracciato più classico, oltre il mito". Quindi il secondo grande ciclo di immagini con protagonista la comunità giapponese degli Stati Uniti che il Governo fece internare dopo lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale: la fotografa, in dissenso con questa decisione, le realizzò come documento per il futuro. "Il suo messaggio – aggiunge Monica Poggi – non è solo drammatico, ma testimonia come la fotografia possa innescare cambiamenti sociali concreti". La mostra è aperta fino al 23 marzo.