Era stato forgiato nel bronzo a Perugia, poco prima della metà del IV secolo a.C. per un soldato locale, forse un mercenario. Per poi arrivare chissà come a Vulci, dove qualche anno più tardi divenne il vanto di un secondo guerriero, così orgoglioso di quel suo copricapo militare da portarselo nella tomba insieme a tutto il suo ricco corredo. A novant’anni dal ritrovamento, un’iscrizione appena interpretata apre uno squarcio di grande suggestione su un frammento di vita di 2400 anni fa. "Una storia rimasta nascosta sotto gli occhi di tutti" spiega l’etruscologo Valentino Nizzo, direttore del Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia. Perché il magico e anche il paradosso di questa scoperta, racconta, è che sia avvenuta proprio all’interno del museo, dove l’elmo in questione era esposto già dal 1935. Solo che nessuno aveva notato quanto era stato inciso al suo interno, un particolare che rende questo reperto estremamente importante e raro, visto che in tutto il mondo - se si eccettua un deposito rituale di 150 elmi rinvenuto a Vetulonia all’inizio del ‘900 con almeno 60 esemplari tutti contraddistinti dal medesimo nome gentilizio - sono circa 10 le armi di questo tipo documentate in ambito etrusco e italico tra il VI e il III secolo a.C. Tutto è cominciato nel 2019, racconta Nizzo, con una richiesta di studio per la digitalizzazione 3d di armi antiche condotta da un team neozelandese, poi i passaggi successivi hanno portato alla scoperta. "Chissà, forse l’iscrizione non si vedeva prima –ragiona Nizzo – quando l’elmo è stato recuperato dalla tomba 55 nella necropoli dell’Osteria di Vulci doveva essere incrostato di terra e ossidato".
CronacaElmo di Vulci, svelato il nome di chi lo indossò Era stato forgiato nel bronzo a Perugia