È la trasmissione Far West condotta da Salvo Sottile su Rai Tre a riaprire il caso di Barbara Corvi, la mamma scomparsa da Montecampano di Amelia nell’ottobre del 2009. Una vicenda due volte archiviata dalla magistratura ternana nel corso di questi 15 anni e riportata venerdì sera alla ribalta da Far West, la cui troupe, seguendo le dichiarazioni di un pentito di ‘ndrangheta agli inquirenti, ha rintracciato il pozzo artesiano nelle campagne calabresi di Fuscaldo dove, sempre secondo il pentito, potrebbe trovarsi il corpo di Barbara.
Per la sparizione della donna venne indagato e arrestato l’ex marito Roberto Lo Giudice, proveniente da una famiglia di ‘ndrangheta ma ritenuto dagli inquirenti non organico alle cosche. In ogni caso venne rimesso in libertà da Riesame e Cassazione che demolirono l’indagine della Procura di Terni, tanto che fu lo stesso procuratore Alberto Liguori, all’epoca a capo degli uffici giudiziari, a chiedere l’archiviazione poi accolta dal gip.
Il testimone a cui fa riferimento Far West non è il primo pentito a riferire di Barbara e della sua sorte. Sullo sfondo della vicenda della mamma amerina, per la quale la famiglia continua a chiedere giustizia, c’è quella tragica di Angela Costantino, cognata di Barbara, moglie di un fratello di Roberto, uccisa nel marzo 1994.
"A collaborare con la giustizia sono anche due fratelli Lo Giudice, Maurizio e Nino _ si legge su vivi.libera.it _ Grazie anche alle loro dichiarazioni, nell’aprile del 2012, vengono arrestate dodici persone nell’ambito di due distinti operazioni e di un’indagine della Procura antimafia di Reggio Calabria. Tra loro, ci sono anche quelli che i pentiti indicano come i responsabili della tragica fine di Angela. Si tratta di Vincenzo Lo Giudice, uno dei capi della ‘ndrina e zio di Pietro, Bruno Stilo e Fortunato Pennestrì, suo cognato e suo nipote. Un altro collaboratore di giustizia racconta della morte di Angela come frutto di un “accordo di famiglia”".
"Il processo porta all’accertamento delle responsabilità dei tre imputati – si legge ancora–. Nel febbraio del 2015 la Corte d’Assise d’Appello condanna tutti a 30 anni di carcere. Condanna confermata anche in Cassazione".
Ste.Cin.