REDAZIONE UMBRIA

Frode nel commercio di metalli preziosi, fatture false con cifre da capogiro: evasi 76 milioni

Dalle indagini sono emersi una serie di scambi illeciti di metalli preziosi, tra cui quintali di argento in rottami, numerosi chili di oro, rodio, platino e palladio. A seguito dell'inchiesta 12 persone sono state denunciate per reati tributari

Le indagini della guardia di finanza (Foto di repertorio)

Le indagini della guardia di finanza (Foto di repertorio)

Perugia, 20 febbraio 2025 – Fatture false per operazioni inesistenti per un valore complessivo di oltre 76,7 milioni di euro, con un'Iva evasa pari a 16 milioni di euro: maxi frode nel settore del commercio di metalli preziosi. La guardia di finanza di Perugia ha scoperto le operazioni illecite perpetrate tra 2017 e il 2023  da una società con sede a Montefalco presso lo studio di un professionista. Le indagini, condotte dalla Compagnia di Foligno sotto la direzione della Procura della Repubblica di Spoleto, sono durate cinque anni e sono state svolte con un approccio “trasversale” coinvolgendo plurimi settori operativi del Corpo, tra cui l’ambito valutario, penale e tributario.

Il capo dell'organizzazione, assistito da un consulente fiscale locale e da altri dieci complici operanti in Umbria (nei Comuni di Montefalco e Spoleto) e nel Lazio (Roma e hinterland capitolino), ha orchestrato un meccanismo di false fatturazioni che ha consentito alla società di ottenere un indebito credito d'imposta di dimensioni milionarie.

A seguito dell'inchiesta, 12 persone sono state denunciate per reati tributari, tra cui l’emissione e l’utilizzo di fatture false e la dichiarazione infedele. Il sodalizio criminale avrebbe orchestrato una serie di scambi illeciti di metalli preziosi, tra cui quintali di argento in rottami, numerosi chili di oro, rodio, platino e palladio. Tali transazioni, contraddistinte da un’evidente falsificazione documentale, sono state realizzate senza alcun giustificativo di trasporto o, nei rari casi in cui era presente una documentazione, con errori formali evidenti e grossolani.

Particolarmente sospetta è stata la figura dei cosiddetti “falsi fornitori”, che si sono rivelati privi di una struttura aziendale anche minimale, senza beni strumentali e dipendenti, ma in grado di gestire operazioni commerciali di tale portata. In un caso, uno dei presunti fornitori risulta essere in realtà un dipendente di una parafarmacia e non un imprenditore nel settore dell’oro, smentendo ulteriormente la veridicità delle transazioni in questione.