Avrebbe dissipato con dolo il patrimonio sociale della Gubbio Cultura Multiservizi "nella misura di complessivi 1.198.338 euro", l’amministratore unico che tra il 2012 e il 2016 ha gestito la società in housing del Comune di Gubbio. Per questo la Procura regionale della Corte dei conti ha chiesto che l’ex manager dovesse ristorare le casse della società e di conseguenza l’amministrazione comunale che ne detiene il 100% della proprietà. Secondo gli inquirenti, "la fattispecie riguarda un caso di cattiva gestione da parte dell’amministratore Gubbio Cultura Multiservizi G.C.M., società interamente partecipata dal Comune di Gubbio, esercente la gestione di una serie di servizi di interesse economico generale come la gestione di musei, di aree di sosta a pagamento, di una farmacia, di una scuola di musica e di liuteria, nonché prestazioni di assistenza scolastica nelle scuole materne, società che il 21 settembre 2016 è stata posta in liquidazione a causa della riduzione del capitale sociale al di sotto del minimo legale a seguito di perdite di esercizio accumulate" fino al 2015, che "erano state occultate nei bilanci predisposti" dall’imputato "mediante l’esposizione di dati falsi e valutazioni non veritiere e scorrette delle voci patrimoniali, economiche e finanziarie, così da indurre in errore il socio unico ed evitare di richiedere la necessaria ricapitalizzazione o lo scioglimento della società". Dalla ricostruzione della situazione reale, ricostruisce ancora la Procura contabile, "è stato rilevato che già alla fine del 2012 il patrimonio netto della società era stato eroso completamente dalle perdite, e ciò avrebbe dovuto indurre l’amministratgore a convocare immediatamente l’assemblea dei soci per deliberare la riduzione del capitale e il suo contemporaneo aumento ad una cifra non inferiore al minimo legale di 10.000 euro, ai sensi dell’art. 2482- ter c.c.". Sempre secondo l’accusa, "l’amministratore unico ha scelto di violare gli obblighi di legge falsificando i dati del bilancio, così da indurre in errore sia il revisore legale dei conti che il socio pubblico ed impedire interventi di razionalizzazione dei costi la cui entità era evidentemente incongrua rispetto al volume dei ricavi di gestione". Conseguentemente, la prosecuzione della mala gestio "ha provocato le perdite ingenti che hanno intaccato e distrutto l’integrità ed il valore del patrimonio sociale". La Corte dei Conti, presieduta da Piero Carlo Floreani, ha condannato l’imputato a ristorare il riconosciuto danno erariale per la perdita accertata, ovvero 1.198.338 euro, più la rivalutazione.
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