Sono quattordici gli imputati per i quali il Tribunale di Perugia ha riconosciuto l’ipotesi di associazione per delinquere di tipo mafioso nel processo "Quarto passo" che si è concluso, nel primo grado di giudizio, con la prima sentenza di condanna di questo tipo in Umbria. I complessivi 277 anni di reclusione definiti dai giudici dopo una lunga camera di consiglio, hanno disposto condanne che raggiungono anche i 28 anni, per quanto, anche i principali imputati hanno visto riconosciuta la loro estraneità da alcune contestazione che veniva mossa nei loro confronti. Sono stati, invece, 21 gli imputati assolti a conclusione del processo.
Il processo "Quarto passo" è l’evoluzione giudiziaria di un’indagine partita nel 2012 e indirizzata verso un gruppo di persone ritenute in collegamento, pur operando con una certa autonomia in Umbria, con alcune ‘ndrine calabresi della zona di Cirò e Cirò Marina, che, con base operativa Perugia, si sarebbero mossi con "modalità tipicamente mafiose di acquisizione e condizionamento di attività imprenditoriali, in particolare nel settore edile, anche mediante incendi e intimidazioni con finalità estorsive" per imporsi nel tessuto economico locale. Riconducibile, secondo le indagini, agli imputati l’acquisizione di 39 imprese, 106 immobili, 129 veicoli, 28 contratti assicurativi, oltre 300 rapporti bancari e di credito. "Il Tribunale di Perugia, a conclusione di una lunga e complessa vicenda giudiziaria, ha riconosciuto la esistenza, nel territorio perugino, di una struttura criminale di tipo mafioso finalizzata alla commissione di una pluralità di reati caratterizzati da notevole portata offensiva.
A questo epilogo decisorio si è pervenuti in esito alla scrupolosa attività di indagine svolta dalla Procura della Repubblica di Perugia, al determinante contributo offerto dal pubblico ministero Gemma Miliani nella fase dibattimentale di formazione della prova e al qualificato supporto operativo garantito dalla Sezione Anticrimine del Rod carabinieri". Lo sottolinea l’avvocato Nicola Di Mario che nel procedimento ha rappresentato la Regione Umbria e il Comune di Perugia, che si sono costituiti parte civile, ottenendo dai giudici un risarcimento di 50mila euro per istituzione. Risarcimenti sono stadi disposti anche per Libera, Cittadinanzattiva, le associazioni "Antonino Caponnetto", Cgil e "La verità vive" (10mila euro ciascuno). "La sentenza, con le affermazioni di responsabilità in essa contenute e con i trattamenti sanzionatori irrogati in proporzione alla gravità delle condotte, ha disarticolato un organismo delinquenziale ripristinando l’ordine pubblico violato ed assicurando la tranquillità sociale dei cittadini di Perugia e di quelli appartenenti alla comunità umbra" ha ribadito ancora l’avvocato Di Mario. Le difese attendono ora le motivazioni della sentenza per valutare la possibilità di presentare l’eventuale ricorso in appello.
Luca Fiorucci