Iniziano le grandi manovre per la formazione della Giunta regionale. "Ci saranno dei tempi tecnici da rispettare – ha detto ieri la neo presidente della Regione, Stefania Proietti – ma contiamo nel giro di un mese di avere la squadra pronta". Già, perché il totonomi già impazza. In verità è un po’ presto, la governatrice qualche idea ce l’ha, ma la prudenza al momento la fa da padrone. Anche perché il Pd vorrà prendersi un tempo per decidere e proporre. Il nome che circola con forza comunque è quello della più votata dei Dem: Simona Meloni (nella foto). Per lei si ipotizzano le deleghe di Ambiente e Bilancio. A Tommaso Bori invece, potrebbe andare l’incarico più pesante: quello di assessore alla Sanità, sempre che Proietti non decida di tenere per sé questa delega. A quanto pare l’uomo dei Cinquestelle destinato a entrare nell’Esecutivo è Thomas De Luca, ternano e consigliere uscente. Un altro ternano (narnese a dire la verità) papabile è Francesco De Rebotti: per lui ci sarebbe la possibiltà di occuparsi dello Sviluppo economico. Ma qui c’è subito il primo nodo: quello cioè di due rappresentanti dello stesso territorio in Giunta. Già, perché oltre al criterio sul bilanciamento del peso dei partiti, c’è anche quello della territorialità. Gli assessori sono cinque e l’interrogativo è su quanti possano essere i tecnici. Uno o due? In lizza c’è Luca Ferrucci, docente di Economia che ha corso con la lista della presidente. Tra i nomi che circolano anche quelli di una fedelissima della Proietti, Veronica Cavallucci, assessora assisana. Un posto ambito resta quello del presidente del Consiglio, che andrà certamente al Partito democratico. Dovrebbero giocarsela De Rebotti (se De Luca venisse nominato assessore) e il corcianese Cristian Betti. Il ruolo di capogruppo potrebbe essere ricoperto da Sarah Bistocchi, mentre all’ex sindaco di Magione, Giacomo Chiodini, potrebbe spettare la nomina a capo di gabinetto della presidente.
"Quello che siamo stati capaci di fare in Umbria – dice intanto il segretario regionale del Pd, Bori – è un modello che può essere replicato ed esportato, a partire dal progetto costruito dal basso e nei territori, così come il programma partecipato e condiviso. Un modus operandi che può segnare un punto di svolta nella modalità con cui il Pd è chiamato a fare non solo l’opposizione, ma a costruire l’alternativa. A partire dalle azioni chiave della destra che privatizza e svuota i servizi pubblici".
M.N.