ANNALISA ANGELICI
Cronaca

In 500 hanno chiesto aiuto ma il Covid complica le cose

Le donne denunciano i loro aguzzini e sono sostenute dai Centri umbri: ospitate (spesso con i figli) e supportate per rifarsi una vita

di Annalisa Angelici

Lei ora è al sicuro, in una casa rifugio. Ha trovato il coraggio di fuggire, di denunciare il suo aguzzino, di chiedere aiuto nel tentativo di rifarsi una vita. Ma per ora non può, perché lui, l’ex ocpmagno che l’ha maltrattata e tormentata, è libero. Libero di continuare a cercarla, di avere comportamenti violenti nei confronti di altre persone della famiglia. E’ solo l’ultima, l’ennesima storia, di violenza in Umbria: una di quelle che ha il sapore di rinascita. Ma non è sempre così, anzi. E il lockdown prima e la situazione difficile legata alla pandemia ora, non aiutano le donne maltrattate a uscire dalla spirale della violenza a chiedere aiuto. Anche se i numeri parlano chiaro: quasi 500 donne dall’inizio del 2020 hanno chiesto aiuto. "La convivenza forzata ha reso tutto più difficile – racconta Elena Bistocchi, presidente dell’associazione LiberamenteDonna, da sempre impegnata contro ogni genere di violenza –: la coabitazione ha esasperato e aggravato le situazioni ed è stato più difficile per loro trovare spazi per denunciare. Dopo il lockdown di marzo, infatti, abbiamo assistito a un notevole aumento delle chiamate, sia per quello che riguarda le richieste d’intervento sia per quanto riguarda l’emergenza abitativa". E i numeri chiariscono: a Perugia, dal primo gennaio a oggi, sono state accolte in pronta emergenza 24 donne e 22 minori. La “pronta emergenza“ scatta su chiamata delle forze dell’ordine, dei servizi sociali, dell’ospedale o dei centri antiviolenza: l’ospitalità è garantita per brevi periodi, il tempo necessario a trovare una soluzionein iscurezza.

Il Centro antiviolenza “Catia Doriana Bellini“ di Perugia ha accolto dall’inizio di quest’anno 217 donne, di cui 23 ospitate in strutture (con loro c’erano 19 minori). Il Centro di Terni LibereTutte nello stesso periodo ha accolto 111 donne: 13, ospitate in strutture. E ancora: il Centro antiviolenza Telefono Donna a Perugia ha accolto 99 donne (sempre dal primo gennaio scorso a oggi), lo sportello di Foligno che è diventato Centro antiviolenza, ha dato assistenza a 31 signore e anche a Città di Castello, dove il Cav ha aperto i baattenti solo un mese fa, ha già accolto 2 donne (e ha iniziato le consulenze legali epsicologiche). I Cav sono impegnati anche nella sensibilizzazione nei confronti di quelle donne che ancora non “vedono“ la violenza della quale sono vittime e di coloro che non riescono a liberarsene.

Ma cosa manca ancora, cosa sarebbe utile per sostenere i Centri antiviolenza? "Innanzitutto, abbiamo notato che avere i servizi vicini aiuta le donne, rende loro più facile uscire dal silenzio che spesso accompagna queste situazioni: questo ce lo hanno dimostrato i nuovi centri di Foligno e Città di Castello. Poi – dice ancora Elena Bistocchi – è necessario continuare ad ampliare la collaborazione con le forze dell’ordine e l’attività di contrasto alla cultura di genere".