SOFIA COLETTI
Cronaca

In nome del silenzio. Via dalla pazza folla tra i frati del Subasio: "Qui si parla con Dio"

Un luogo magico a 800 metri di altezza e a quattro chilometri da Assisi . Nel Santuario dell’Eremo delle Carceri fra riposo, preghiera e meditazione.

In nome del silenzio. Via dalla pazza folla  tra i frati del Subasio: "Qui si parla con Dio"

In nome del silenzio. Via dalla pazza folla tra i frati del Subasio: "Qui si parla con Dio"

"Il silenzio. Il silenzio è fondamentale: si permette a Dio di parlarci, dire una parola vera sulla nostra vita". Via dalla pazza folla, lontano dall’estate del divertimento, della socialità, del frastuono. Sono sempre di più le persone in cerca di meditazione e spiritualità che trovano un approdo ideale nel cuore di un bosco di lecci secolari, a ottocento metri di altezza sul monte Subasio, a quattro chilometri da Assisi. È qui che svetta l’Eremo delle Carceri, uno dei santuari francescani custoditi dai Frati Minori della Provincia Serafica di Assisi: un luogo appartato, solitario, adatto alla vita di preghiera (come indica la parola latina “carcer“). Qui venivano Francesco e i suoi compagni e dopo di loro, i frati per periodi limitati di preghiera. E qui arrivano pellegrini, turisti, laici da soli o in piccoli gruppi per vivere una “vacanza“ alternativa e diversa. Quella che ci racconta - con un entusiasmo appassionato e quieto allo stesso tempo, fra le antiche mura diquesto scrigno d’ombra - Padre Matteo Curina, il giovane frate che da quasi un anno è il custode dell’Eremo. E che accoglie chi è in cerca di una voce ’altra’, che non si esprime solo a parole. E che, nel suo apparente tacere, parla. E tocca il cuore.

"Abbiamo tante richieste, di vario genere - racconta Padre Matteo -. Ci sono religiosi, sacerdoti e seminaristi che vengono a vivere un periodo di riposo, preghiera e meditazione. Ma ci sono anche tante persone di varia età ed estrazione sociale e culturale che vogliono trovare un’oasi di silenzio e di riflessione, per ritirarsi in preghiera e stare in contatto con il Signore". Perché – lui sembra saperlo benissimo – il ritiro è una medicina per l’anima, è un viaggio dentro se stessi. "Sì, spesso si viene qui carichi di travaglio e fatica interiore, con la speranza di trovare quella pace che non si ha in famiglia e nella sua vita ordinaria. Certo, se ci sono problemi non risolti o non affrontati il silenzio può amplificarli. Ma in fondo è sempre una cosa buona: il ritiro fa prendere contatto con la propria interiorità, ti mette a nudo".

Ormai all’Eremo l’accoglienza, nel più puro spirito francescano, è una consuetudine. Ci si prenota con mail dal sito www.santuarioeremodellecarceri.org. "Primavera ed estate sono i periodi più affollati ma abbiamo richieste anche in inverno. Ricordo con piacere, lo scorso dicembre, un gruppo di persone che ha voluto passare con noi il Capodanno. Abbiamo preparato un mini-ritiro: oltre alla vita di preghiera con noi, offrivamo due catechesi al giorno, due spunti di riflessione personale. E’ stato molto apprezzato". Non importa chi tu sia, ma il fatto che tu ci sia. "Quando le persone vengono qui da me, oltre a chiedere il nome, non sono tenuto a sapere altro. E’ come ospitare gente a casa, non faccio domande per rispettare la privacy, la nostra politica è di accogliere tutti". E arrivano in tanti, di tutte le età, per trascorrere un tempo diverso. Giornate scandite secondo ritmi antichi. "Invitiamo i pellegrini a partecipare alla preghiera delle 6.30 dove abbiamo l’officio delle letture, alle 7.10 ci sono le lodi, alle 7.30 la messa. Poi noi frati abbiamo le nostre attività, gli ospiti una mattina di preghiera e meditazione personale, da vivere all’interno della stanza o passeggiando nel bosco sul Subasio. Quindi alle 12.15 c’è un altro momento di preghiera e il pranzo. Nel pomeriggio dalle 18 alle 19 l’adorazione con i Vespri, poi il santuario chiude, si rimane qui e cala il silenzio".

Già, il silenzio. Padre Matteo sorride: "Qui all’Eremo ci sono giorni con pochi turisti e pellegrini, e allora c’è. Sempre. In altri, pieni di scolaresche e gruppi, il silenzio è più difficile. Ma con la chiusura del santuario, alle 19, cala la pace. Adesso, con la bella stagione si può godere del bosco interno, in autunno e inverno è ancora più suggestivo. Il buio crea una coltre di silenzio e raccoglimento che aiuta la preghiera". Una parentesi di quiete, nel cuore dell’Umbria. "Per molti è un’esperienza di pochi giorni. Non di più perché poi bisogna tornare nella propria quotidianità. Poi c’è qualcuno che chiede di stare solo una notte. Ricordo un gruppo di scout, durante un cammino si sono trovati sotto un temporale, hanno suonato e chiesto ospitalità. Noi cerchiamo sempre di accogliere tutti".

Quando si torna alla vita ’normale’, dopo l’Eremo, si è diversi. Una nuova consapevolezza si è fatta strada nell’animo. "Spero di sì, mi auguro che venga acquisita - allarga il suo sorriso padre Matteo –. Quando incontro i pellegrini mi piace raccontare l’episodio di Francesco a Spoleto dove il Signore lo invita a tornare a casa, per incontrarlo. È la bella notizia che do alle persone che salgono su questo Monte: il Signore ti sta aspettando a casa, nella tua quotidianità. È quello il luogo privilegiato dove il Signore ama parlarci".