REDAZIONE UMBRIA

"Io, imprenditore folignate a Shanghai"

Emanuele Manenti ha aperto lo scorso anno uno dei suoi locali nella metropoli asiatica e ora è alle prese con un nuovo lockdown

"Stiamo vivendo un deja vu, come due anni. Shanghai e diverse province cinesi di nuovo in lockdown per l’insorgere di nuovi casi della variante Omicron 2 e Xe". A parlare dalla metropoli asiatica è Emanuele Manenti, imprenditore folignate che ha scelto l’Asia come territorio di predilezione per i suoi business. Lo scorso anno aveva aperto solo l’ultimo dei suoi locali a Shanghai. Si chiamava "la Suite" ed era stato aperto insieme a soci cinesi e umbri.

Un nuovo lockdown per diverse aree della Cina. Che effetto fa?

"Abbiamo iniziato all’incirca un mese fa, con diversi lockdown locali, soprattutto nelle aree al confine con la Russia, oppure con la Corea del nord e a sud, a Shenzhen. Siamo tornati indietro di due anni".

Il Governo cinese come sta affrontando l’emergenza?

"Qui vige la politica dei ‘contagi zero’. Veniamo sottoposti a tamponi a tappeto, ogni 48 ore. Il metodo di monitoraggio è molto particolare ed efficace: in ciascun ‘building’, cioè in ciascun grattacielo, i tamponi vengono effettuati nelle hall all’ingresso e gli inquilini vengono invitati a scendere in maniera scaglionata, per evitare sovraffollamenti. Il Governo cinese continuamente diffonde messaggi per invitare tutti a stare in casa e ad affrontare questa nuova fase con molta tranquillità. Il tasso di vaccinazione è molto alto, ma sembra che la variante non sia molto sensibile al vaccino".

E se il tampone dovesse dare esito positivo?

In tal caso si viene condotti in dei grandi ‘Centri di accoglienza’. Si tratta di grandi ospedali da campo, capaci di contenere fino a 800 persone positive al Covid, dove queste possono essere curate. Nella zona centrale e orientale della Cina ce ne sono una decina di queste strutture. Si tratta di un modo di avere una sorta di controllo capillare del malato. L’amministrazione vuole evitare di essere colta impreparata e che il sistema sanitario possa andare in tilt, come sta succedendo ad Hong Kong, con i pazienti vengono curati per strada".

Come scorrono le sue giornate?

"I nostri locali sono chiusi dalla metà di marzo, pur non essendo ancora in lockdown i cinesi avevano smesso di frequentare luoghi affollati. Per il resto si studia e si lavora, per quello che può essere svolto da remoto. Si portano avanti i contatti con i clienti esteri, in attesa che questa condizione possa finire quanto prima. Di certo è una situazione pesante, anche a livello di affari: questi erano i mesi migliori dell’anno e non potervi contare restituisce un’incertezza profonda con la quale fare i conti".

Alessandro Orfei