SILVIA ANGELICI
Cronaca

La scuola in ospedale . Si riaccende la voglia di vivere

Il filo rosso che riconnette trame esistenziali lacerate dalla malattia. "Il nostro rifugio" . PLURICLASSE DEI CONIGLIETTI BIANCHI PERUGIA 5 (ONCOEMATOLOGIA PEDIATRICA).

Una delle capsule alloggio dei “pazient. -alienS“

Una delle capsule alloggio dei “pazient. -alienS“

Ho imparato cosa significa silenzio in un reparto di ospedale. Un silenzio forte, che avvolge tutto, interrotto solo dal suono della macchina a cui sei attaccato. Un silenzio che vuol dire solitudine, che isola dal mondo e dal tempo. Accendevo la tv per provare ad interromperlo, ma in sottofondo diventava ancora più potente e allora non rimaneva che abbandonarsi sul letto e aspettare. Per inclinazione personale sono sempre stata più insofferente all’immobilità, alla stasi, che alla confusione e forse è per questo che quei pomeriggi così silenziosi erano più fastidiosi di qualsiasi rumore. Allora cercavo in ogni modo di fuggire da quella stanza, cantando e disegnando la mente si allontanava e il peso che sentivo addosso diventava meno gravoso. Ma più di tutto a farmi scordare dov’ero, ad allontanarmi dalla percezione del mio corpo stanco, erano quelle chiacchiere scambiate nella mia stanza o nella scuola del reparto. Attraverso le parole quel muro tra me e il mondo che intanto io vedevo andare avanti come se fossi stata lasciata indietro, si rompeva.

Ero anch’io con gli altri e tra gli altri e anch’io stavo vivendo nonostante i dolori e le sofferenze. Ricordo le mattine passate a discorrere con la maestra di Socrate e Platone, sentivo riaccendersi in me una luce, una voglia di vivere. Oggi, a distanza di due anni, mi ritengo profondamente grata a tutte quelle persone che hanno aiutato a curare non solo il mio corpo ma anche la mia anima. La guarigione è data dalla sincronia di entrambi gli aspetti. Sarebbe ingenuo ritenersi in salute preoccupandosi solo del corpo. La scuola del reparto è stata per me un rifugio della mente, in cui ritrovare e riconoscere me, prima e oltre la malattia. Quei discorsi che spaziavano tra arte, filosofia e semplici osservazioni, talvolta ragionati a fatica per il peso che sentivo, accendevano la mia voglia di conoscere. La malattia stravolge e trasforma. Vedere il proprio corpo cambiare al punto di far fatica a riconoscersi allo specchio è un dolore complesso da esprimere a parole. Riconoscersi è indispensabile per evitare lo sconforto di sentirsi annullati da un male troppo grande. Il mio invito è di non trascurare mai ciò che sentiamo in virtù di impegni e pensieri che occupano la quotidianità. Tutto in noi parla, bisogna imparare ad ascoltarsi, a reagire quando il nostro corpo ci chiede aiuto, a perdonarsi quando la mente sbaglia. Ogni attimo è vita e va vissuto così come ci è stato donato, nella gratitudine di poterlo fare.