
Trapianto. Ora, finalmente, c’è una speranza di salvezza più elevata anche per gli anziani malati di leucemia: sopravvivenza al 76%, in altre parti del mondo al 50%; rischio di recidiva ridotto al 4%, altrove attestato attorno al 40%.
Ancora una volta l’Ematologia di Perugia, animata da costruttori di futuro, si colloca al vertice del mondo. Come avvenne nel 1993, allorché l’équipe guidata dal professore Massimo Fabrizio Martelli realizzò con successo il primo, pionieristico trapianto da donatore non compatibile.
La notizia, clamorosa per il mondo scientifico internazionale, l’annuncia, e la commenta, la Rivista americana Blood Advances, evolutissimo riferimento universale che pubblica soltanto dopo l’ok di una complessa, in gergo, revisione fra pari. "Senza dubbio - sottolinea il professor Andrea Velardi, Direttore del Programma Trapianti di Perugia - i risultati raggiunti sono eccellenti, superiori a quelli fino a ieri conquistati nel Pianeta e ospitati nella letteratura della medicina. Con una metodica avanzata siamo riusciti a sottrarre ai terribili esiti della leucemia più del 70% dei trapiantati di età inoltrata fino a 65 anni. E rarissime sono state le recidive".
Ricerca, intelligenze e dedizione poste al servizio della Scienza. "L’équipe è sempre fondamentale. Lavorammo in squadra con Martelli, per noi importante oggi come ieri, e operiamo in gruppo anche adesso. Compiti ben suddivisi e sintesi d’assieme. Certe vittorie non hanno un solo padre. Siamo una pattuglia compatta, animata dal desiderio di compiere un passo in più e di metterlo a disposizione della comunità scientifica".
Come sintetizzare il “passo in più” affrontato stavolta?
"Due armi rilevanti: una particolare tecnica di irradiazione per la preparazione al trapianto – essenziale ai fini degli esiti finali - ci consente di minimizzare gli effetti collaterali della infusione. E poi la progressiva Ricerca ha permesso di utilizzare come terapia componenti del sistema immunitario del donatore (per esempio le cellule T regolatorie) infuse nel corso dell’ ‘innesto’: soluzione che determina maggiore reattività contro la leucemia e al contempo attenua gli effetti tossici".
Irradiazione preventiva, dunque. Precisa la professoressa Cynthia Aristei, Responsabile della Struttura Complessa di Radioterapia: "L’irradiazione è tappa di avvicinamento al trapianto molto delicata. Tradizionalmente la sia effettua in modo totale sul corpo del trapiantando per ottenere l’effetto immunosoppressivo e ridurre i rischi di rigetto e di recidiva. Però il paziente anziano potrebbe non reggere radiazioni complete. Quindi con la Tomoterapia irradiamo in maniera selettiva solo il midollo osseo e le stazioni linfonodali, risparmiando cioè gli organi sani e aumentando la dose. I risultati conclusivi sono davvero notevoli".
Gianfranco Ricci