"A mio avviso potremmo aver raggiunto in questi giorni il picco dell’influenza per ciò che concerne i bambini: il mio ‘termometro’ dice infatti che seppur le chiamate sono ancora tante, i giorni con febbre e malessere iniziano a scendere".
Michele Mencacci, pediatra di libera scelta della Asl 1 e vicepresidente regionale della Società italiana di pediatria, fotografa la situazione attuale in Umbria.
E lo fa guardando proprio alla categoria più colpita dal virus influenzale, quella dei bambini. In questi giorni infatti i telefoni dei pediatri umbri sono bollenti, ma non solo quelli.
Al Pronto soccorso di Perugia, fa sapere l’Azienda ospedaliera, gli accessi sono cresciuti del 10 per cento circa: circa trecento persone al giorno si presentano ai medici e una buona fetta arriva con sintomi influenzali importanti. Molto spesso si tratta di anziani ‘scompensati’ che vanno ricoverati. E a risentirne sono anche alcuni reparti, come Geriatria o Pneumologia, che sono sotto pressione da giorni.
Se a tutto ciò si aggiunge il Covid – i ricoveri restano costanti e numerosi – ecco che alcune strutture ospedaliere finiscono sotto stress. Poi ci sono i bambini. "Per ognuno che va in ospedale, e fa 4 ore di fila con febbre a 39, ce ne sono quotidianamente migliaia e migliaia in tutto il territorio nazionale che ricevono ottime cure, tempestive e gratuite dai pediatri del territorio e dai colleghi ospedalieri" dice Mencacci, che tende a tranquillizzare mamme e papà.
"Serve organizzazione, pazienza, un lettuccio caldo, bevande per mantenere un buono stato di idratazione e paracetamolo per trattare lo stato di malessere. E anche a livello di comunicazione, chiederei ai giornalisti di evitare toni sensazionalistici, che alimentano la percezione di disservizio dell’utenza e le tensioni tra ospedale e territorio".
Qualche attenzione in più serve per i lattanti.
"Magari hanno raffreddore per trequattro giorni, con il quadro che però può cambiare rapidamente in presenza di bronchioliti da virus respiratorio interstiziale. Questo si manifesta con il piccolo che smette di fare pipì e non mangia più: a quel punto è necessario portarlo in ospedale". In generale però Mencacci invita a non affollare il pronto soccorso.
Ripartiamo dal riappropriarsi del ruolo di genitore, che deve saper affrontare uno stato influenzale del proprio bambino anche in autonomia, e saper riconoscere quando l’iter procede in maniera diversa e richiede realmente un intervento medico. Per noi in questo momento è veramente impossibile visitare tutti i bambini malati – conclude il pediatra -, e tantomeno visitare lo stesso bambino 2-3 volte per il singolo episodio influenzale solo perché la febbre ancora non passa"