Terni, 17 novembre 2024 – “Perché ho iniziato a giocare in maniera compulsiva? Per avere più soldi, mi vergognavo della mia condizione. Alla fine non saprei dire quanto denaro ho perso, sicuramente aveva perso me stesso”. E’ la testimonianza di un 36enne che ha ultimato nella Comunità Incontro di Amelia il percorso di recupero dalla ludopatia, restando a collaborare con la struttura per mettere a disposizione di chi ha bisogno la sua esperienza.
“Ho iniziato a giocare nel periodo universitario, mentre frequentavo la Facoltà di Scienze Politiche – racconta –. Mi sono avvicinato al mondo del poker online, Texas Hold’em, per poter guadagnare facilmente e permettermi così di spendere, comperare vestiti, fare serate e aperitivi”.
Quanto denaro hai perso?
“Tutto è cominciato con una ricarica da 10 euro. Da quel momento e per i due anni consecutivi il gioco è stato praticamente un lavoro, tanto che ancora oggi non riesco a quantificare il denaro speso. Investivo circa 10-12 ore al giorno per giocare”.
C’era anche la droga?
“Sì, con l’aiuto dell’eroina riuscivo a tenere il gioco su 12/13 tavoli diversi contemporaneamente. Ma il problema vero era il gioco, la droga mi permetteva di giocare più a lungo”.
Avevi un lavoro?
“Di giorno facevo il cuoco in un locale, mentre dalle 16 alle 3-4 di notte giocavo. Il lavoro l’ho perduto ma dopo percorso terapeutico nella Comunità Incontro sono entrato a far parte di questa grande squadra ed oggi lavoro lì, occupandomi di numerose attività ed essendo di aiuto anche ai ragazzi che intraprendono il loro percorso”.
Perché hai iniziato a giocare?
“Davo importanza al giudizio degli altri, al bisogno di apparire, di essere notato. Mi ’vergognavo’ dello status sociale della mia famiglia, che invece guadagnava denaro onestamente. Ricordo ancora, da bambino, la vergogna di stare nell’auto di mio padre, che ritenevo fosse vecchia e malmessa. Mi facevo lasciare lontano da scuola, per non farmi vedere dai compagni. Crescendo, mi sono reso conto di volere un’altra vita per realizzare tutti i sogni. Al gioco si aggiunse l’uso di eroina, un uso ’consolatorio’, poiché il mio reale problema era il gioco ma non lo sapevo”.
Come ha reagito la tua famiglia?
“Per tanto tempo non ha saputo nulla del gioco, ha iniziato a comprendere il mio problema durate il percorso in Comunità. Sono arrivato in Comunità pensando che il mio problema fosse la droga, poi ho capito che la mia sostanza primaria era il gioco. Nell’isolamento forzato del periodo della pandemia, il mio comportamento verso il gioco era peggiorato. Tramite il lavoro in Comunità e per merito del protocollo per il gioco d’azzardo ho iniziato a prendere consapevolezza di me, del mio problema. L’eroina fumata mi calmava rispetto al fallimento della perdita al gioco ed entravo così in un circolo vizioso”.
“Oggi sono una persona diversa – è la conclusione – , ho imparato ad accettarmi, a volermi bene. Ho ripreso a praticare sport e vedo la mia famiglia da una prospettiva diversa. Soprattutto vedo per me una nuova vita”.