REDAZIONE UMBRIA

"Ma se il figlio ha la febbre noi genitori possiamo andare al lavoro?"

I dubbi delle famiglie sulle procedure da seguire alla riapertura delle scuole in caso di sintomi sospetti del bambino . .

La prima campanella è alle porte ma le domande che aspettano una risposta sono ancora molte. Tra i dubbi che tormentano i genitori ad esempio, non tanto il comportamento da tenere se il bambino ha la febbre oltre i 37 gradi (resta a casa ovviamente e si avvisano la scuola e il pediatra o il medico di base nel caso degli adolescenti), ma la procedura che viene avviata subito dopo.

Secondo quanto delineato fin qui, i genitori, una volta che la scuola ha informato il referente interno per il Covid ( in Umbria è il dirigente scolastico), devono chiamare il pediatra o il medico di base per il triage telefonico. "Facile a dirsi ma a farsi? Sarà un’impresa tutt’altro che semplice – dicono a La Nazione un gruppo di genitori perugini –: pediatri e medici difficilmente possono rispondere al telefono perché magari impegnati a effettuare visite sul territorio o nel proprio studio. E comunque nel caso ci si riesca poi cosa succede?". Stando alla procedura attuale, saranno i medici, una volta effettuato il triage telefonico e in caso di sospetto Covid-19 a richiedere il test diagnostico comunicando la cosa al dipartimento di prevenzione della Asl che provvede all’esecuzione del test dando alla famiglia le indicazioni su dove effettuarlo. Stessa procedura verrà attivata se la scuola avvisa i genitori che il bambino, senza febbre all’ingresso, alle 12 ha magari la temperatura a 37.5°.

"Quello che non è chiaro però – insiste il gruppo di genitori di una elementare di Perugia – è cosa noi, padri e madri lavoratori dovremo fare: comunicare al datore di lavoro e ai nostri colleghi che nostro figlio ha la febbre e in attesa di sapere se è o no positivo al Covid restiamo a casa. Ma come veniamo considerati, in malattia? Non tutti possono ovviare l’attesa con lo smart working". La domanda è lecita ma più complicato è avere al momento una risposta chiara sul punto tutt’altro che secondario. E ancora: "Poniamo il caso che dal triage risulta un’alta probabilità che il bambino possa essere positivo al Coronavirus, come mi devo comportare nei confronti dei fratelli che stanno bene, possono anadare a scuola? E i nonni o la baby sitter possono uscire?".

"Stiamo lavorando proprio per definire al meglio i percorsi da seguire" dice il commissario straordinario per l’emergenza sanitaria Antonio Onnis che annuncia come proprio questa mattina incontrerà "l’associazione dei pediatri per un confronto sull’argomento. I soggetti in campo – sottolinea Onnis – sono diversi. In primis ovviamente ci sono il sistema di sorveglianza, quello scolastico e delle cure primarie. Vanno costruite procedure e protocolli precisi con i quali dare risposte chiare e univoche ai tanti quesiti che si stanno evidenziando in queste ore in vista della riapertura delle scuole". Avete già previsto ovviamente un aumento dei casi da verificare con il riavvio delle lezioni. "Sì, dire in che percentuale però al momento è impossibile. Ci stiamo dotando intanto di più tamponi per far fronte alla situazione. I possibili scenari? Vedremo quale sarà l’andamento epidemico, sperando di non trovarci più nella situazione del marzo scorso".

Donatella Miliani