Maffeis va a casa di Laura Santi: "Si è presentato come don Ivan. Poi ho saputo che era l’arcivescovo"

"Solo quando è andato via la mia assistente mi ha detto chi fosse quel prete arrivato in motorino. Abbiamo parlato di tutto, anche di De André. Ma soprattutto mi ha ascoltato senza giudicare le mie scelte"

Maffeis va a casa di Laura Santi: "Si è presentato come don Ivan. Poi ho saputo che era l’arcivescovo"

Laura e il marito Stefano Massoli sono grandi fan di De André

"Buongiorno Laura, sono don Ivan. Susanna mi ha parlato di lei: mi farebbe piacere quando non la disturbo e quando è in forze farle un saluto". "Buongiorno Ivan – rispondo delimitando subito il campo – Io sono atea, sbattezzata, membro dirigente dell’associazione Luca Coscioni e mi piace De André. Comunque va bene, vediamoci". Qualche giorno dopo, don Ivan, il prete giornalista-filosofo che gira in motorino, visita i pazienti dell’Hospice di Perugia e si becca gli insulti di gente che sta veramente male, bussa alla porta di Laura Santi. Lei, malata di sclerosi multipla, ora in cure palliative per alleviare i tormenti di una malattia che non dà tregua, all’inizio accetta a malincuore l’incontro con quel sacerdote, poi si ricrederà, e soltanto alla fine della visita scopre che è Ivan Maffeis, il vescovo di Perugia venuto da Trento.

Di che cosa avete parlato con monsignor Maffeis?

"Della mia vita, delle mie sofferenze, della mia vicinanza all’Aism".

E lui cosa ti ha detto?

"Ha soprattutto ascoltato. Non ha fatto riferimenti alla Chiesa, al Vaticano, a Dio. “Chi sta fuori da queste sofferenze, mi ha risposto, deve inchinarsi a voi. Noi non dobbiamo mettere bocca su cosa fate, come vivete, come non vivete. Io non posso stare dentro i vostri vestiti o dentro le vostre scarpe. Io non posso nemmeno immaginare quello che prova lei“".

Gli avrai raccontato delle tue battaglie legali sul fine vita...

"Sì, e per lui è un tema molto problematico".

Che impressione ti ha fatto questo “prete“, arrivato in motorino e senza tonaca?

"L’impressione di un uomo libero, molto umile e profondo. Non è venuto come uomo di Chiesa. Non ha cercato di convincermi o di dissuadermi dal fare qualche cosa. Mi ha abbracciata, mi ha passato la borraccia, si è seduto e mi ha ascoltata".

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"Ci siamo ripetuti i versi de “Il sogno di Maria“, la mia preferita. Vede Ivan – gli ho detto - vorrei che qualcuno mi liberi le braccia e da questo carcere mi porti da qualche altra parte".

Laura, adesso la tua che vita è?

"Sono abituata alla disabilità, a questa vita “storta“. Ma voglio soffrire il meno possibile, per questo ho accettato le cure palliative, che non sono in contrasto con il fine vita. Anche Ivan mi ha confessato che da quando visita le persone dell’Hospice ama la vita storta, perché con le nostre sofferenze lo riportiamo all’essenziale".

Quando e come hai capito che Ivan era l’arcivescovo?

"Me lo ha detto la mia assistente alla fine della visita, quando ormai se ne era andato. Che figura! Gli ho scritto. Penso che lo rivedrò. Abbiamo in sospeso un’altra chiacchierata...".

Silvia Angelici