MICHELE NUCCI
Cronaca

Matrimoni sempre più in crisi. Le coppie si sposano poco. Resistono soltanto i riti civili

Per la prima volta negli ultimi 20 anni nella nostra regione ci sono state meno di mille celebrazioni religiose. Le cause? Lavoro, studio e autonomia. E avanzano le convivenze.

Per la prima volta negli ultimi 20 anni nella nostra regione ci sono state meno di mille celebrazioni religiose. Le cause? Lavoro, studio e autonomia. E avanzano le convivenze.

Per la prima volta negli ultimi 20 anni nella nostra regione ci sono state meno di mille celebrazioni religiose. Le cause? Lavoro, studio e autonomia. E avanzano le convivenze.

È la prima volta negli ultimi 20 anni – se si esclude la parentesi pandemica – che in Umbria ci sono meno di mille matrimoni religiosi. Il minimo venne toccato nel 2020 con 392 celebrazioni in Chiesa, l’anno dopo – ancora con la crisi Covid - furono 927 ma nel 2023 sono state soltanto 892. Ecco qua la ‘fotografia’ dei fiori d’arancio nella nostra regione. Dove anche nell’ultima rilevazione Istat – pubblicata pochi giorni fa – emerge che chi si sposa sceglie sempre più spesso il Comune: 1.598 volte è avvenuto nel ‘23, per un totale di 2.490 matrimoni, il record negativo degli ultimi venti anni.

L’anno del sorpasso fu il 2017, quando per la prima volta i riti civili superarono quelli religiosi: 1.306 contro 1.223. Prima di allora le nozze col sacerdote erano state sempre di più rispetto a quelle con il sindaco o l’assessore. Erano più del doppio nel 2004: 2.603 promesse di fedeltà davanti a Dio contro le 1.169 in Municipio. Quell’anno in totale si sposarono in Umbria 3.772 coppie e l’anno dopo furono 3.815. Da allora un lento e inesorabile calo, con una diminuzione complessiva del 34 per cento. Tra il ‘22 e il ‘23 ci sono stati dunque 170 matrimoni religiosi in meno, mentre 63 in più sono stati i civili, per un saldo negativo da un anno all’altro di quasi cento riti (97 per la precisione), con quelli in Comune che sono ormai quasi il doppio rispetto agli altri.

Sul piano tendenziale secondo l’Istat, uno dei motivi per il quale la primo-nuzialità arretra si deve alla trasformazione del processo di transizione alla vita adulta. Quest’ultima oggi segue percorsi diversi rispetto al passato, quando il motivo prevalente di uscita dal nucleo di origine era legato alla formazione di una nuova famiglia attraverso le nozze. Ad esempio tra le generazioni di uomini nate tra il 1982 e il 1986 la convivenza more uxorio è preferita al matrimonio (22,5% contro 21,8% di chi lascia la casa dei genitori entro i trent’anni); seguono le altre motivazioni quali, per esempio, lavoro, studio e autonomia.

Tra le donne, l’uscita dalla famiglia di origine si concretizza in via preponderante tramite il matrimonio (40% tra le nate negli anni Ottanta), seguita dalla convivenza, con percentuali via via crescenti di generazione in generazione.

Negli ultimi decenni, inoltre, il ridimensionamento numerico delle nuove generazioni, dovuto alla bassa fecondità, che dalla metà degli anni Settanta si è sempre mantenuta ben sotto il livello di sostituzione, sta producendo un effetto strutturale negativo sui matrimoni.

Man mano che le generazioni più giovani, meno numerose di quelle dei genitori, entrano nella fase adulta della vita si riduce la numerosità della popolazione in età da matrimonio e, di conseguenza, anche a parità di propensione a sposarsi, cala inesorabilmente il numero assoluto di nozze.

M.N.