PERUGIA – "Oggi, quasi 10.000 medici di famiglia hanno già diritto alla pensione. Se questa riforma andrà avanti, molti di loro potrebbero lasciare la professione in massa, creando un vuoto che il sistema sanitario non sarà in grado di colmare. Chi si prenderà cura dei pazienti, allora? Verranno creati turni di emergenza con medici sempre diversi? Ci si affiderà a cooperative private? Una cosa è certa: se il medico di famiglia smette di essere un punto di riferimento stabile, i cittadini ne pagheranno il prezzo più alto". Dubbi sollevati anche a livello locale dalla Fimg, la Federazione italiana medici di famiglia, che qui in Umbria rappresenta circa 400 professionisti tra Perugia e Terni.
"Uno dei motivi dietro questa proposta – racconta la segretaria regionale Simonetta Centurione – è la necessità di far funzionare le Case della Comunità, strutture pensate per migliorare l’assistenza territoriale. Ma la verità è che queste strutture oggi sono perlopiù vuote, senza personale, senza attrezzature, senza programmazione. Eppure, il contratto firmato ad aprile 2024 prevede già che i medici di famiglia possano collaborare con le Case della Comunità per un monte di ore che va dalle 6 alle 38 ore settimanali. Non serve renderli dipendenti, serve invece una gestione più intelligente e organizzata da parte delle Regioni, che devono sfruttare gli strumenti già a disposizione".
Secondo la Fimg, con la riforma si verranno a creare tanti disservizi. "Il cittadino - va avanti il sindacato - non avrà più un medico di riferimento fisso, ma dovrà rivolgersi a chi sarà disponibile in quel momento, perdendo la continuità di cura. I pazienti cronici, gli anziani, i più fragili, dovranno ricominciare ogni volta da capo, raccontando la loro storia a un medico che li vede per la prima volta e che conoscerà di loro solo quello che troverà scritto in un gestionale. Il tempo dedicato all’ascolto e alla relazione verrà sacrificato a favore di una gestione più burocratica e impersonale. Le liste di attesa aumenteranno, perché i giovani medici non saranno più attratti dalla medicina di famiglia pubblica e si rivolgeranno al settore privato o a cooperative di medici a gettone".
Silvia Angelici