
Lite in Consiglio comunale ‘da remoto’ tra la consigliera del M5S, Valentina Pococacio (nella foto), e il vicepresidente dell’assemblea, Devid Maggiora, della Lega. "Mi chiami consigliera e non consigliere", è la richiesta dell’esponente pentastellata. Richiesta respinta. Maggiora, essendo appunto vicepresidente, di rado presiede l’assemblea ma quanto basta a sollevare il caso. Lite in aula, con il consigliere d’opposizione Alessandro Gentiletti (Senso Civico), che ha dato manforte alla collega; dibattito aperto e anche a tratti acceso sui social.
Scambio veloce ma al vetriolo quello nell’assemblea cittadina on line, destinato però a dividere in ‘pro’ e ‘contro’ . "Il presidente Ferranti chiama tutte le donne consigliera – spiega Pococacio –; più volte ho chiesto al vicepresidente Maggiora di usare con me lo stesso termine. Ma anche stavolta non l’ha fatto, appellandosi a un fantomatico regolamento. Allora gli ho detto che mi sarei rivolta a lui chiamandolo ‘presidentessa’, per fargli vedere che effetto fa. La mia non è una ripicca: alcuni ruoli vanno declinati al femminile proprio perché ricoperti anche da donne e affinché ci si abitui al fatto che quel ruolo possa essere ricoperto indistintamente da un uomo o da una donna". "Non avevo mai dato peso a questo tipo di definizione – continua Pococacio –, ma ho provato sulla mia pelle che spesso ci si stupisce che la donna abbia certi ruoli, per esempio che faccia politica. Non c’è la giusta abitudine, ed è il caso di usare il femminile proprio per una questione di abitudine a quel ruolo. Un concetto da evidenziare soprattutto in sede istituzionale, perché sia chiaro che quella determinata funzione può essere svolta da un uomo e da una donna, senza alcuna distinzione". La Lega Terni sceglie di non replicare nel merito della vicenda ma sottolinea che "continua a lavorare su temi concreti per rimettere in piedi la città".
"Se alcune donne accettano di essere appellate col sostantivo maschile per me non è un problema – scrive in un post Gentiletti –. Ma se altre, giustamente, richiamano il rispetto della lingua italiana e chiedono di essere chiamate al femminile, vanno rispettate". In un altro post, la consigliera Lucia Dominici (Fi): "Potete chiamarmi consigliere o consigliera, oppure avvocato o avvocata. Sono certa dei valori in cui credo indipendentemente da questo. Vero è che se viene richiesto, con educazione, perché non rivolgersi al nostro interlocutore con l’appellativo desiderato. Ma il siparietto in Consiglio comunale è svilente. Allora dico, donne, amiche non vi fate strumentalizzare perché la nostra richiesta di ‘parità’ passa dal coraggio di emarginare chi sfrutta le nostre battaglie, manovrandole a suo vantaggio".
Stefano Cinaglia