REDAZIONE UMBRIA

’Ndrangheta e rifiuti, un’umbra nell’inchiesta

La quarantenne, residente a Perugia, secondo l’accusa avrebbe fatto da intermediario tra i produttori e gli impianti di riciclaggio

La Procura distrettuale antimafia di Firenze ha predisposto due avvisi di conclusione delle indagini preliminari nell’ambito di due procedimenti tra loro collegati - inchiesta Calatruria e inchiesta Keu (dal nome dell’inerte finale derivante dal trattamento dei fanghi prodotti dagli scarti della concia delle pelli) - che avrebbero consentito di far emergere, fra l’altro, una contiguità con la ‘ndrangheta da parte di imprenditori indagati. Il duplice atto precede la richiesta di rinvio a giudizio che interesserà 12 indagati nel primo procedimento e 26 nel secondo.

L’avviso conclusioni indagini ha raggiunto anche Francesca Tartamella, quarantenne originaria della povincia di Trapani ma residente a Perugia, rappresentante di una società del settore con sede legale nel capoluogo umbro. Secondo l’accusa, Tartamella, in qualità di intermediaria, avrebbe partecipato a "un traffico organizzato di rifiuti contenenti keu e rifiuti pericolosi". Alla quarantenne, la Procura antimafia di Firenze muove le accuse di inquinamento ambientale, discarica non autorizzata, gestione abusiva di rifiuti. Tutti reati commessi in concorso con l’aggravante dell’associazione a delinquere. Gli inquirenti contestano alla donna e ad altri 17 indagati di aver allestito "una attività organizzata di abusiva gestione e miscelazione di ingenti quantitativi di rifiuti pericolosi e non pericolosi – spiega il provvedimento – ma tutti altamente contaminati da sostanze pericolose per l’ambiente (cromo, boro, ossidi di nichel, selenio, arsenico, ossidi di zinco, ossidi di pimmbo e altri metalli)..." o "contenenti il Keu". Tali rifiuti venivano quindi diluiti "con altri rifiuti o terre da scavo". Quindi venivano sottoposti a "ulteriori fasi gestionali non autorizzati, con la piena consapevolezza da parte dei produttori dei rifiuti che glieli avevano conferiti che ogni attività gestionale che ne avrebbero fatto sarebbe stata illecita e, per l’abusiva classificazione datane, sarebbe stata particolarmente pericolosa per l’ambiente".