REDAZIONE UMBRIA

“Nicola aveva paura di qualcuno”. Caso-Romano, la famiglia insiste

Mistero sul dialogo con una donna. Il giovane trovato morto il 17 agosto 2013 a Perugia: per mamma e sorella non fu overdose. La frase: ““Non li voglio ritrovare in tre da qualche parte, quelli girano con dei coltelli più grandi di me”

Nicola Romano, trovato morto a Perugia

Nicola Romano, trovato morto a Perugia

Perugia, 17 febbraio 2025 – “Non li voglio ritrovare in tre da qualche parte, quelli girano con dei coltelli più grandi di me”. Sono brani di una conversazione che Nicola Romano, trovato morto il 17 agosto 2013 in un appartamento in via Mater Dei, a Perugia, scambia con una donna, con cui sembrerebbe, dai dialoghi, aver avuto una relazione, pochi giorni prima della sua morte.

Segno, secondo la famiglia, che Nicola temeva qualcuno, che c’era qualcuno che lo minacciava, qualcuno, sempre da quanto traspare dalle frasi della conversazione, con cui aveva avuto a che fare in passato, qualcuno che non avrebbe dovuto incontrare da solo per la sua incolumità.

Conversazioni che la famiglia ha posto all’attenzione degli inquirenti nel momento in cui il fascicolo sulla morte del ragazzo era stato riaperto e avocato dalla Procura generale di Perugia dopo una iniziale archiviazione. Nicola Romano, secondo gli inquirenti, era morto per overdose. Verità a cui la sorella Maria Chiara e la mamma Terry non si sono mai arrese, sostenendo, e portando elementi a rafforzare questa convinzione: Nicola era morto per mano di qualcuno. Tante le anomalie, a partire dalla posizione del corpo passando per il buco della dose che sarebbe stata letale, rinvenuto sul braccio destro quando il ragazzo era destrorso, per la siringa rinvenuta vicino al corpo, ma senza ago, per arrivare al quantitativo di droga risultata nel suo sangue, troppo poca per ucciderlo.

Ma per i familiari c’erano poi prove, come chat e messaggi, e testimoni che avrebbero potuto fare chiarezza sull’accaduto e che, dice la sorella Maria Chiara, non avrebbero raccontato la verità. Alla luce della seconda archiviazione, disposta dal gip di Perugia nei giorni scorsi, sorella e madre non si danno per vinte, puntando l’attenzione sulla riesumazione negata perché ritenuto non dirimente un nuovo esame autoptico dopo tutti questi anni, sugli accertamenti negati su alcuni reperti che erano stati riconsegnati alle donne e da loro conservati, a fronte, sottolinea ancora la sorella Maria Chiara anche attraverso un post, altri reperti che sarebbero scomparsi o andati distrutti. A questo la donna denuncia presunte negligenze nelle indagini: “La sola verità è che siamo indignate”.