
Maria Elia era deceduta in ospedale a Perugia 48 ore dopo il ricovero. Papà Gennaro è presidente dell’associazione che sostiene chi è alla ricerca di giustizia. "Indosso il suo sorriso e aiuto gli altri".
PERUGIATrasformare il dolore più grande in impegno, mettere al servizio degli altri quel pezzo di cuore che ti è rimasto per trovare una ragione per vivere questa vita, anche quando alzarsi dal letto sembra inutile. Perché dopo la morte di una figlia diciassettenne andare avanti sembra impossibile e abbandonarsi al dolore appare l’unica strada percorribile. "No, Maria non avrebbe mai voluto questo. Lei era un inno alla vita, all’ottimismo, aperta agli altri e sorridente. Ho deciso di indossare io il suo sorriso, malgrado tutto, e di aiutare chi ha bisogno come meglio posso". Gennaro Elia è il papà di Maria, morta in ospedale a Perugia, il 27 marzo 2022, dopo 48 ore di ricovero, per una combinazione fatale di polmonite e influenza. Gennaro ha scelto di andare oltre il dolore e ha dato vita all’associazione “La voce di Maria“, non lucrativa e di utilità sociale.
Tra pochi giorni saranno tre anni dalla morte di sua figlia... "Ricordo quelle ore, ricordo che mi sembrava impossibile che fosse successo. Innaturale, sì: era contro ogni legge della natura che io fossi sopravvissuto a lei. Avevamo un rapporto speciale, come tutti i padri con le figlie femmine. Mi prendeva in giro, mi abbracciava di continuo. Poi più niente. Maria ora avrebbe vent’anni, li avrebbe compiuti a gennaio. È un dolore che non passa, dal quale non si può guarire. Mai. Ma mia figlia, sono certo, vuole vedermi vivere, non sopravvivere. Così ho deciso di andare avanti aiutando gli altri, è per lei che è nata l’associazione. Nessuno deve provare il mio dolore, quello smarrimento, la sensazione di solitudine. So che lei apprezza quello che faccio: era la prima a tendere la mano quando vedeva qualcuno in difficoltà. Mi metto al servizio degli altri, come farebbe lei".
Come si muove l’associazione? "Assistiamo chi si trova a doversi confrontare con casi di malasanità, malagiustizia, con gli esiti imprevedibili di un incidente stradale o di un infortunio su lavoro. L’obiettivo è sostenere chi ne ha bisogno nella ricerca della verità che aiuta, se non a superare la tragedia, almeno a darsene una spiegazione. Offriamo una mano tesa, un atto di solidarietà a chi si trova ad affrontare un momento difficile della propria esistenza, magari in solitudine".
La ricerca della giustizia è il moto principale della vostra attività... "Sì, anche quando sembra impossibile. Abbiamo già raggiunto risultati molto rilevanti. Un esempio su tutti: pochi giorni fa è stato assolto, in seguito a revisione del processo, un uomo che era stato condannato in via definitiva per abusi sessuali su un bambino. Ha sempre gridato la sua innocenza e si era rivolto a noi: grazie alla professionalità e all’impegno degli avvocati Nicodemo Gentile e Antonio Cozza, è emersa la verità. Ecco, non ci stancheremo mai di combattere per la giustizia, nel nome di Maria".
Cosa si sente di dire ai genitori e alla famiglia di Giada, la ragazza morta a 22 anni solo pochi giorni fa? "Capisco il loro strazio, capisco che si sentano in un pozzo buio, dove non si può far altro che piangere. Sono profondamente solidale con loro e mi metto completamente a disposizione per qualunque cosa abbiano bisogno. Cercherò di incontrarli, per offrire il mio aiuto o anche solo una spalla per piangere".
AnnA