
Un anno e quattro mesi per peculato. È la condanna inflitta ieri mattina dal gup Piercarlo Frabotta ad un albergatore perugino, reo – per l’accusa – di non aver versato nelle casse del Comune le tasse di soggiorno per una somma di circa ottocento euro. In qualità di legale rappresentante dell’attività ricettiva, e quindi incaricato di pubblico servizio correlato al compito di riscossione dell’imposta di soggiorno nei confronti dei clienti, non avrebbe ottemperato ai pagamenti, appropriandosene. Anche solo temporaneamente. L’imputato, a cui la procura contesta i mancati versamenti di ottocento euro in sei trimestri, dal 2013 al 2015, ha scelto di procedere con il rito abbreviato. La difesa – avvocato Nicola Tondini – aveva chiesto la dichiarazione di estinzione del reato alla luce della depenalizzazione per peculato e imposta di soggiorno operata del Decreto Rilancio e una assoluzione "nel merito" in quanto l’albergatore aveva provveduto, pur se in ritardo, a versare all’Ente quanto dovuto. "Vedremo le motivazioni della sentenza – commenta l’avvocato Tondini - ma dati gli importi irrilevanti ai fini di una lesività della condotta e dell’assenza di effettiva compromissione della funzione pubblica, faremo sicuramente appello". Sentenza di non luogo a procedere è stata invece emessa dal gip per una albergatrice di Ponte San Giovanni, a cui era stato contestato il mancato versamento di 3mila euro di tasse di soggiorno. L’avvocato Silvia Terradura aveva evidenziato come la sua assistita non fosse la legale rappresentante della società nel periodo contestato (aprile 2013-luglio 2015), chiedendone il proscioglimento. Ha invece optato per il patteggiamento un terzo albergatore – difeso dall’avvocato Giuliano Filippini – accolto ieri mattina dal giudice.
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