
Daniele Cervino, responsabile de La Nazione Umbria
Parole usate in rete come armi. Dure come pugni, taglienti come lame affilate. Non lasciano lividi sulla pelle, ma feriscono in egual misura e a volte seminano danni irreparabili. La cultura dell’odio avanza, si fa largo su internet e si prende gioco delle nostre tragedie. Del dolore. Offende, aggredisce, aggiunge sale sulle ferite aperte. Un orrore sull’orrore. E nella maggior parte dei casi si scaglia contro le donne. Quei ’leoni da tastiera’ hanno minacciato e insultato pesantemente la governatrice Stefania Proietti, dopo la manovra fiscale. E non si sono fermati neanche davanti all’ennesimo femminicidio, insultando Ilaria Sula, la studentessa di Terni uccisa e gettata in un dirupo. Non possiamo più accettare tutto questo.
L’omicidio di Ilaria ha sconvolto tutti. Una ragazza solare, intelligente. Una figlia che sognava di laurearsi. Quei sogni sono stati spezzati dalla mano di chi diceva di amarla. Il suo ex fidanzato, incapace di gestire il rifiuto, l’ha uccisa, messa in una valigia e gettata in un dirupo. Come fosse un oggetto. Eppure c’è chi aggiunge altra violenza a quell’orrore usando le parole per infierire pure sul ricordo. Perché neanche davanti alla morte di una ragazza di 22 anni si ferma l’odio contro le donne. In questi giorni sul web dilagano commenti osceni scritti da uomini che si definiscono ‘celibi involontari’. Secondo loro la ‘colpa’ della studentessa di Terni sarebbe stata quella di non essersi accontentata, di aver scelto liberamente con chi stare, chi amare. Una colpa che, per loro, giustifica addirittura il femminicidio. Così la realtà viene stravolta: invece di domandarci come sia possibile che si possa arrivare a togliere la vita a un altro essere umano con questa facilità, si bersaglia la vittima. Dietro a Pc e smartphone ci sono individui che rappresentano una mentalità malata, maschilista, patriarcale. È la violenza di nuova generazione. Ha il volto del linguaggio d’odio, del sessismo e della misoginia online e va subito fermata.
Nel mirino è finita anche la governatrice Stefania Proietti. Ha ricevuto accuse, minacce, inviti a rimanere a casa «a lavare i piatti» sotto forma di commenti e meme sui social. La presidente della Regione ha fatto bene a denunciare gli autori alla Postale e a pubblicare in rete gli screenshot. Purtroppo non si vedono i nomi e avremmo preferito leggerli. Perché ognuno deve prendersi le responsabilità di quello che scrive. Perché è tanto facile esibire forza e arroganza quando si è al riparo dell’anonimato. E questo deve finire. Se c’è chi insulta non solo non bisogna passarci sopra, ma è necessario mostrare l’artefice. Con nome e cognome. Ci sono profili fake, non importa. Denunciare questo spaventoso serbatoio di odio può servire a smuovere coscienze. E magari a pensare, prima di usare anche le parole come armi.