
Un papà alle prese con il lavoro e la famiglia
Le feste sono belle. Ma spesso, tra scambi d’auguri, gadget e sorrisi, c’è anche il risvolto “amaro“. Quello che mettono in luce Maria Cristina Valeri e Daniele Chiappini portavoci dei “Precari Uniti del Cnr Umbria“. Così nel giorno di san Giuseppe, la festa dei papà, l’associazione coglie l’occasione per dare spazio ai papà nella ricerca. Padri alle prese con tante difficoltà e limitazioni stretti nella gabbia delle incertezze, dovute ad un contratto ad orologeria. In Umbria, nei sei istituti del Cnr (IBBR, ISAFOM, IRPI, IRET, SCITEC e IOM), vivono e lavorano tanti papà.
Come Mauro, 40 anni, precario dal 2018. Dopo la laurea e il dottorato in Ingegneria per l’Ambiente e il Territorio, conseguiti all’Università Politecnica delle Marche, ha intrapreso la carriera di ricercatore prima all’Università e poi al Cnr. Pendolare tra Lecce e Perugia, settimane intere lontano da casa, ore e ore di viaggio e il peso del pensiero di lasciare moglie e figlia da sole.
E poi c’è Ajmal, 37 anni, originario del Pakistan, un dottorato di ricerca in Biotecnologie Vegetali in olivo e un master in Scienze Agrarie. Precario da 6 anni. In questa giornata, si ritrova a riflettere sulla duplice realtà della sua vita: la gioia di avere una figlia e le profonde sfide per cercare di garantire un futuro stabile per lei e la famiglia.
Paolo, 34 anni, laureato in Ingegneria Meccanica, una Magistrale in indirizzo energetico, dottorato in Ingegneria Civile e Ambientale, anni di studi e formazione ma precario al Cnr dal 2016. Di contratto in contratto finora è riuscito a mantenere i suoi 5 figli, che hanno dai 7 anni in giù, a pagare la benzina, l’affitto, i pannolini, i vestiti e tutte le varie necessità. "Queste -dicono Valeri e Chiappini - sono solo tre storie, tra le tante che potremmo raccontare. In Umbria lamentiamo un crescente numero di culle vuote, paghiamo più pensioni che stipendi e continuiamo a sentire che c’è bisogno di investire sulla natalità per evitare che la nostra Regione imploda su sé stessa. Ci chiediamo allora, come sia possibile che nel 2025 ci si ritrovi ancora ad umiliare la dignità di chi resta nonostante il precariato".
Silvia Angelici