PASSIGNANO – Michael ha 24 anni e sulle sue spalle enormi porta la gloria di aver ridato al suo Rione la vittoria dopo anni di magra. Solo chi vive l’agonismo e l’appartenenza a simili eventi di comunità può comprendere cosa significhi la figura del rematore nel Palio delle Barche. Idoli e bersagli al tempo stesso. Nei 40 anni Palio (prima edizione 1984) sono meno di trenta gli atleti che hanno avuto questo onore/onere. "E’ vero, dal certificato risulta che per alcuni anni della mia vita la mia residenza formale è stata altrove. Ho vissuto a Cesena dalla 2° alla 5° elementare e poi sono tornato a Passignano senza più andarmene". Spiega Michael in un’intervista a La Nazione, "ho sempre frequentato la scuola qui, il mio medico di base è qui, la mia casa è stata sempre qui. Il mio lavoro è qui. Non esiste un altro posto al mondo che io consideri casa. La burocrazia dice altro ma io ero un bambino, non sapevo che per anni successivi al mio ritorno non fosse stata regolarizzata la mia residenza". Michael nel suo racconto va oltre, parla del suo coming-out, di quando in un ambiente machista si sia sentito accettato "con la vittoria del primo Palio è come se si fossero disciolti anni di insicurezze. La gente ha iniziato a vedermi solo per ciò che sono. Mi sono sentito ben voluto e allora ho aspettato per ‘uscire allo scoperto’, ho presentato il mio compagno solo dopo la vittoria del secondo Palio". Poi è scoppiato il caso residenza. "E’ come se fosse tornato l’incubo del non essere "giusto" o "adatto" per questo paese. Non voglio arrendermi, non voglio ritirarmi". Qualcuno ora lo accusa di aver portato la sua storia sui social solo strumentalmente "l’ho raccontata sperando che serva a qualcuno, è la mia dichiarazione di appartenenza al Palio e a Passignano. Deciderà chi deve farlo".
CronacaParla Michael: "Vissuto a Cesena ma casa mia è qui"