REDAZIONE UMBRIA

Parte da Piegaro la sfida della “carne vegana“

Alberto Musacchio ha investito milioni di euro per realizzare un’azienda all’avanguardia che produce pollo e pancetta ma di soia

Alberto Musacchio e la moglie

Mettere in piedi uno stabilimento “vegano” nel cuore dell’Umbria. Un po’ come aprire un sexy shop al Vaticano. Una scommessa impossibile. Eppure c’è chi ci sta provando. E non con un tentativo improvvisato, ma con il massimo delle competenze e delle tecnologie disponibili sul mercato mondiale e un investimento intorno ai dieci milioni di euro.

Succede a Piegaro, sulle colline a sud del Trasimeno, dove Alberto Musacchio, la moglie Malu, chef vegetariano di fama internazionale, e il figlio Damiano hanno aperto poco più di un anno fa la Joy srl, società che, appunto, produce carne vegetale con il marchio Food Evolution. "Anche se ogni volta che dico “carne vegetale” - sorride Musacchio - vengo crocifisso". Perché parlare di surrogati vegetali della carne apre ogni volta una sorta di guerra santa, soprattutto in Italia, soprattutto in Umbria, che ha addirittura dato il nome all’antica arte di macellare i maiali. "Il problema è che i vegani spesso sono antipatici - dice Musacchio - non si accontentano. Se, per esempio, ti schieri contro l’agnello a Pasqua a loro non basta: ‘E allora perché hai le scarpe di cuoio?’, ti chiedono. Del resto, anche i carnivori, se ti azzardi a parlare di sostenibilità alimentare, sono lì con i fucili puntati. Uno, addirittura, una volta mi disse: ‘Non mi faccio dare consigli su cosa mangiare da uno che ha quella pancia lì…’".

Intanto, tra battute sull’impossibilità ontologica delle lasagne vegane e disprezzo per i mangiatori di cadaveri, l’industria della carne continua a crescere. I numeri sono piuttosto eloquenti: consumo mondiale di circa 280 milioni di tonnellate all’anno, con previsione della Fao di arrivare nel 2050 a 465 milioni (per intendersi, un container standard può trasportare 30 tonnellate di merce). Ogni anno inoltre vengono macellati circa 70 miliardi di animali che, prima di diventare cibo o altro, devono essere allevati: per produrre un chilo di carne servono 15.000 litri di acqua e il 18% delle emissioni di Co2 arriva dagli allevamenti. Ma con i dati, si sa, non si fanno rivoluzioni. "Che il cambiamento climatico è ormai una realtà ce lo hanno detto in ogni modo - spiega Musacchio - ma le chiacchiere non servono più a niente. Bisogna trasformarle in economia reale. In soldi, in posti di lavoro".

Così, i numeri del disastro ecologico legato alla produzione di massa di carne possono diventati un’opportunità di business. Molto presto le convinzioni alimentari dovranno fare i conti con un pianeta che non le tollera più. E allora - è la scommessa dell’azienda di Piegaro - per forza, la bistecca dovrà essere un’altra cosa. Nel caso specifico, un alimento che ‘sa’ di carne e ne ha la stessa consistenza anche dopo la cottura, ma realizzato con soli quattro ingredienti: farina di soia, olio di semi di girasole, acqua e aromi naturali. "Ma naturali per davvero - sottolinea Musacchio - Per la nostra pancetta, per esempio, utilizziamo il sandalo. Ci costa il triplo rispetto agli aromi standard ma ne vale la pena". Già, perché l’idea di iniziare una produzione vegan di qualità è arrivata proprio seguendo il palato. "Mi sono accorto che i prodotti analoghi della carne sul mercato non erano buoni. Non avevano una consistenza piacevole in bocca. E se riuscissimo realizzare un prodotto buono, sano e piacevole al palato? mi sono chiesto. Da qui è nato tutto. Ci sono voluti circa cinque anni e molti soldi per studiare la formula giusta, progettare lo stabilimento e acquistare i macchinari, che ho voluto fossero solo il meglio che il mercato può offrire. Alla fine la Joy è una realtà". Uno stabilimento che occupa attualmente 12 persone e capace di produrre dieci milioni di pezzi all’anno tra analoghi di pollo, pancetta e manzo. Una realtà che ha già stretto accordi con la grande distribuzione e che fa gola a molti investitori esteri. Tanto che nei progetti immediati c’è uno stabilimento bis. Certo, immaginare un futuro distretto del vegan nella terra dei norcini sembra fantascienza, ma fino agli anni 70 anche pensare di attraversare la Rocca con le scale mobili lo sembrava.

E pensare che tutto è nato da un 18enne, figlio di un generale dell’esercito, stufo della vita che faceva a Cuneo e viene a studiare filosofia a Perugia. "Non sono durato molto all’università – ricorda Musacchio – mi sembrava di perdere tempo. Così, erano gli anni Settanta, aprii un pub a Perugia. Non un pub qualsiasi: Il Califfo, il primo pub vegetariano credo d’Italia. Fu un successo clamoroso. Il locale era sempre pieno, soprattutto di studenti stranieri. Fu un periodo folle e divertente".

Al Califfo Musacchio non solo inizia la sua vita da imprenditore senza carne ma trova anche l’amore. Una giovane architetta brasiliana che studiava a Perugia, vegetariana fin da ragazzina anche lei. E che s’innamora di quel giovane oste estroverso, ma anche dell’Umbria e della cucina. "Volevamo un posto immerso nella natura così, dopo tanto cercare, abbiamo trovato la casa di Montali, un vero paradiso. Ho venduto il pub e abbiamo iniziato con l’agriturismo". Anche qui, non un agriturismo qualunque. Ma il primo agriturismo vegetariano dell’Umbria, con Malu in cucina e Alberto a curare l’organizzazione. E anche qui un successo, trainato soprattutto dai tanti clienti stranieri. "Nel Nord Europa e in Inghilterra siamo diventati delle celebrità. A Montali è venuta persino la Bbc". Poi è arrivato il libro di ricette “The Vegetarrean”, un best seller da oltre 100mila copie. E infine, all’alba dei sessant’anni, per Alberto Musacchio arriva il momento di una nuova vita, questa volta da industriale del settore alimentare. "Con la nostra carne di soia ci battiamo contro dei colossi economici e contro una cultura del cibo che non vuole evolversi. Ma chi l’ha detto che la carbonara bisogna farla per forza con il guanciale?".

Luca Tavecchio