
Guardia di finanza
Perugia, 20 febbraio 2020 - Ci sono anche alcuni clienti perugini tra i 223 indagati dalla Guardia di Finanza, finiti nei guai per aver acquistato abbonamenti "pirata" su internet per accedere così ai contenuti delle principali piattaforme della Pay tv. La lotta alla pirateria ha portato, per la prima volta in Italia, all’identificazione degli utenti finali di un complesso ingranaggio illecito e responsabili dell’acquisto di abbonamenti per fruire della visione di eventi sportivi, di serie tv e film trasmessi dalle maggiori piattaforme a pagamento come Sky, Dazn e Mediaset Premium.
Dei 223 deferiti alle procure competenti, l’1,08% risiede in Umbria, in particolare nella provincia di Perugia. Non risultano indagati, invece, nel Ternano. L’accusa, anche per i coinvolti umbri, è quella di ricettazione (che prevede una pena edittale massima di otto anni di reclusione) oltre alla violazione della legge sulla protezione del diritto d’autore. Gli accertamenti, condotti dal Nucleo Speciale Beni e Servizi della Guardia di Finanza guidato dal colonnello Salvatore Paiano, con l’ausilio della Fapav (Federazione per la Tutela dei Contenuti Audiovisivi e Multimediali) sono iniziati circa sei mesi fa, ma sono tutt’ora in corso per cercare di individuare altri possibili soggetti coinvolti. Per ora nella nostra provincia sono due o tre i clienti di abbonamenti illeciti indagati, ma l’attività dei finanzieri è orientata a smantellare una delle principali modalità di distribuzione illecita dei contenuti, la cosiddetta Iptv (Internet Protocol Television).
Il meccanismo. I "pirati", dopo aver ricodificato i palinsesti delle pay tv (piattaforme a pagamento) li ridistribuiscono in rete sotto forma di un flusso di dati che gli utenti ricevono dietro sottoscrizione di abbonamento a pc, tablet o decoder connesso alla rete. Ed è qui che entra in gioco il cliente finale. Grazie a questi abbonamenti che i clienti – più o meno consapevoli dei rischi – sottoscrivono, viene alimentato il business del mercato della pirateria. Chi decide di sottoscrivere l’abbonamento in questione va però ad incorrere nel reato di ricettazione e alla possibile confisca, in caso di condanna, di tutti gli strumenti utilizzati per la fruizione illecita del servizio (tablet, pc, televisori). Le sanzioni previste, inoltre, prevedono anche una multa fino ai 25mila euro. Ma non finisce qui perché "acquistando questa tipologia di abbonamento – spiega la Finanza – il cliente si trova a condividere con vere e proprie realtà criminali i propri dati personali, inclusi quelli anagrafici e bancari, esponendosi allo stesso tempo a rischi, anche informatici, di vario tipo".
V. Scarponi