di Sofia Coletti
Sei grandi artisti (foto sopra) e una sfida avvincente. "Rivisitare i grandi autori pop della canzone italiana con la certezza che il jazz debba confrontarsi con il repertorio popolare". Parte da qui Peppe Servillo, cantante e attore raffinato e sensibile, per raccontare “Pensieri e Parole“, l’omaggio a Lucio Battisti (foto sotto) in scena sabato 18 febbraio alle 21.15 al Teatro Nuovo Menotti per la rassegna “Umbria on stage” di Athanor Eventi. Con Servillo un quintetto jazz formato da Javier Girotto al sax (suoi gli arrangiamenti), Fabrizio Bosso alla tromba, Furio Di Castri al contrabbasso, Rita Marcotulli al pianoforte e Mattia Barbieri alla batteria (prevendite su Ticket Italia e Ticket One).
Servillo, come nasce l’idea di celebrare Battisti?
"Rientra in un percorso che in questi anni ci ha portato a rileggere Modugno, Celentano e Dalla. Con Battisti la sfida è più alta, parliamo dell’autore più intimo, lirico e personale della canzone italiana, popolare e sofisticato".
E come sarà la vostra rilettura?
"Con Girotto, che ha curato gli arrangiamenti, abbiamo scelto una chiave di lettura latina: venti grandi canzoni, da “Il mio canto libero” a “Penso a te”, in un percorso ricco di sapori latini, ritmi avvolgenti, storia, emozioni".
Come avete scelto le canzoni, tra le tantissime di Battisti?
"Alcune si prestavano meglio ad essere arrangiare in chiave di improvvisazione e di interpretazione. Del resto di autori così importanti vanno sempre affrontati i titili più noti e famosi, senza dimenticare il repertorio minore".
E lei cosa mette di suo nell’interpretazione?
"Preferisco non dare mai una chiave personale, anzi a volte cerco di forzare la mia natura perché mi piace mettere il contenuto davanti all’interprete ed essere al servizio della rilettura. La musica popolare è un fatto di totale condivisione".
Quali sono state le difficoltà maggiori del progetto?
"La cifra personale, l’originalità di Battisti: la metrica poco ortodossa, il repertorio vastissimo, il timbro di voce estremamente personale che all’epoca veniva quasi considerato sgraziato".
Cosa significa oggi cantare Lucio Battisti?
"Cantare nuovamente le sue canzoni, da Mogol a Panella, è la possibilità per noi di rileggere una nostra storia minore e quotidiana".
E’ stato tante volte in Umbria. Quali i ricordi e le emozioni?
"Per me è una terra che si nutre di musica da sempre, con esperienze magnifiche, come spettatore e come interprete. D’estate in scenari straordinari oppure in teatri bellissimi come il Morlacchi dove sono stato più di una volta. Quanto ero ragazzo venivo a Umbria Jazz, mi piace ricordarla con Visioninmusica e OperaIncanto con Fabio Maestri".