
"Porto a teatro i miei perfetti sconosciuti"
di Sofia Coletti
Una cena, sette amici e un gioco della verità: svelare messaggini e telefonate del proprio cellulare. Attesissimo, da questa sera a domenica, arriva al Morlacchi “Perfetti sconosciuti“, prima regia teatrale di Paolo Genovese (foto sotto) che porta in palcoscenico l’adattamento del suo celebre film dei record (è la pellicola con più remake al mondo). Una storia di amicizia, amore e tradimenti portata in scena da un cast che schiera Dino Abbrescia, Alice Bertini, Marco Bonini, Paolo Calabresi, Massimo De Lorenzo, Anna Ferzetti e Valeria Solarino (nella foto sopra con il regista). E’ una nuova sfida per uno degli autori più autorevoli e amati del cinema italiano, da sempre legatissimo all’Umbria .
Genovese, perché ha deciso di portare il film a teatro?
"L’idea è nata qualche anno fa, quando ho visto “Perfetti sconosciuti“ a teatro in Argentina: un’esperienza forte, viva, coinvolgente, mi ha fatto pensare a una rivisitazione teatrale, per le emozioni e le reazioni diverse che uno spettacolo dal vivo può dare rispetto al cinema. Un anno fa sono passato all’azione".
E come è stato il passaggio?
"Non così automatico, è stato un processo complesso, sono due linguaggi profondamente diversi: nel cinema ci sono le inquadrature, è il regista che guida gli spettatori nella visione. Il teatro è un unicum dove il pubblico è libero di guardare quello che vuole e il regista deve far cadere l’attenzione o sottolineare certi passaggi solo con la messinscena".
Grandi differenze?
"No, la storia resta la stessa, l’unica differenza sta appunto nell’allestimento: penso ai messaggini - al cinema basta un dettaglio per farli leggere - oppure alla presenza di sette personaggi sempre in scena, senza stacchi. Invece, a livello emotivo, lo spettacolo guadagna in comicità, si empatizza con i personaggi come se si fosse seduti a tavola con loro e si perde un po’ di drammaticità".
E come ha scelto il cast?
"Non ho pensato ai protagonisti del film, sono ripartito da zero, ho voluto attori che avessero caratteristiche credibili per i personaggi senza cercare somiglianze. Ad esempio il ruolo di Mastandrea lo fa Abbrescia, quello di Kasia Smutniak Valeria Solarino".
Quale è la forza di una storia così amata in tutto il mondo?
"E’ la forza dell’idea, non in assoluto ma perché strettamente connessa con la società. Quando è uscito il film i cellulari stavano stravolgendo le nostre vite, non avrebbe avuto lo stesso impatto 5 anni prima o dopo. E questa forza torna in teatro".
Le piace la regia teatrale?
"Le prime volte sono meravigliose e ho già voglia di fare un altro spettacolo. Il teatro è un mondo puro, dove tutto è immediato".
Emozionato di arrivare al Morlacchi, nella “sua“ Umbria?
"Non vedo l’ora, avrei preferito non fosse la seconda tappa del tour per rodare di più lo spettacolo. Sono profondamente legato all’Umbria, ho casa a Todi da anni, è il mio rifugio dove vado a scrivere e passare il tempo. Sono stato accolto e adottato dall’Umbria e dagli umbri"
E’ anche presidente dell’Umbria Film Commission...
"Tutto procede molto bene grazie al gruppo di lavoro, siamo impegnati su tre fronti: attirare nuove produzioni, fare corsi di formazione per creare le professionalità del territorio e organizzare il Festival del cinema di Todi, per fare cultura, dialogare col pubblico, incontrare registi e attori".
In sala c’è il suo nuovo film, “Il primo giorno della mia vita“...
"Nasce dall’idea che anche quando si tocca il fondo, c’è sempre qualcosa che ti può far cambiare idea. Indago il malessere della società e la possibilità di ripartire. Un’idea connessa con la realtà del dopo covid".
Progetti?
"Ho appena finito di girare “I Leoni di Sicilia“, una serie per la Disney che vedremo a ottobre".