REDAZIONE UMBRIA

Porto d’armi, sentenza apripista

Il legale: ’Valutazione delle frequentazioni, sancito un principio’.

Non è detto che le cattive amicizie siano un motivo di inaffidabilità: la sentenza destinata a lasciare il segno è quella con la quale il Tar di Perugia ha riconosciuto il diritto di un cacciatore castiglionese a farsi riconsegnare il porto d’armi ad uso venatorio.

Il permesso gli era stato tolto dalla Questura a causa di "dissapori familiari intercorsi con l’ex coniuge e la sua famiglia" che rendevano "opportuno un periodo di ulteriore osservazione", se pure non vi fosse alcuna denuncia a suo carico sporta dalla donna. Ma sul cacciatore pesavano anche altre frequentazioni: un amico assuntore di droga e un parente che ha alzato le mani durante una lite stradale. "E’ stato sancito un principio chiaro – spiega l’avvocato Maurizio Lorenzini che ha presentato il ricorso per il castiglionese – sulla valutazione delle frequentazioni che, se motivate e circostanziate dal soggetto, non possono essere un elemento tale da portare ad un giudizio negativo dell’affidabilità della persona. Inoltre è anche una delle prime volte che si applica questa materia il principio di soccombenza" con le spese di giudizio attribuite a chi ‘ha perso’ il ricorso, e in questo caso si tratta del Ministero dell’Interno per 1500 euro.