Ristoranti & alberghi. Ai camerieri umbri le mance più "povere"

In un anno, secondo il Fisco, portano a casa ‘ufficialmente’ 172,5 euro. Il datore di lavoro versa il 5% su quanto lascia chi paga il conto.

Ristoranti & alberghi. Ai camerieri umbri le mance più "povere"

In Umbria clienti meno generosi con i camerieri rispetto a quanto accade nel resto d’Italia

I camerieri dei ristoranti e degli alberghi umbri sono quelli che prendono le mance più povere. Chi lavora nel turismo, infatti, alla fine dell’anno porta a casa ‘ufficialmente’ 172,5 euro all’anno di ’surplus’, cifra cioè che gli versa il proprio datore di lavoro. Questo è almeno quanto risulta al Fisco. Ma perché anche le mance si tassano?

Sì, è proprio così: chi paga il conto può lasciare la mancia al cameriere direttamente, ma può farlo anche quando paga il conto al proprietario sia in contanti che con pagamento elettronico. Su questi importi ufficiali, infatti, esiste una tassazione agevolata del 5% introdotta dalla legge di Bilancio 2023 (legge 197/2022, articolo 1, commi 58-62).

A effettuare lo studio su quanto alla fine dell’anno viene riversato a chi sta in sala è stata l’elaborazione del Caf Acli per Il Sole 24 Ore effettuata su 720mila ‘modelli 730’ di lavoratori dipendenti presentati quest’anno (le cifre sono quindi riferite al 2023).

Le regioni che fanno registrare l’importo medio più alto delle mance detassate sono state la Lombardia (1.569 euro annui) e la Liguria (1.082 euro). L’Umbria, come detto, ha l’importo più basso d’Italia con 172,5 euro di media in dodici mesi: si tratta di 14 euro al mese, mezzo euro al giorno per dirla in soldoni. Poco meglio è andata ai Valdaostani (196,3 euro), poi ci sono Puglia e Calabria (264,9 e 432,6).

In effetti va detto questo strumento è ancora poco utilizzato: fra le dichiarazioni analizzate dal Caf Acli, il rigo dedicato nel 730 alle mance è compilato nello 0,33% dei modelli. Va un po’ meglio a Bolzano (2,14%) o lo 0,55% in Liguria e lo 0,53% in Toscana. Il Sole ricorda però, che questa incidenza è calcolata sui lavoratori di tutti i settori.

Rapportando la percentuale al totale dei dipendenti del settore turismo si arriva a circa 60mila beneficiari, che corrispondono al 3,3% degli 1,8 milioni di addetti censiti dall’Inps nei servizi di alloggio e di ristorazione. Un po’ pochini in effetti: fino al 2022 questa misura interessava l’11% dei dipendenti del settore (quindi quasi 200 mila persone), quando però la tassazione era del 10%. Ora con il dimezzamento della percentuale ci potrebbe essere un incremento, anche se la sensazione è che chi va il ristorante o in albergo la mancia la lascia direttamente al cameriere...