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Scoperto un nuovo Signorelli: è la ’Pala di Santa Cecilia’

CITTA’ DI CASTELLO (Perugia) Città di Castello riscopre un nuovo Signorelli: la ‘Pala di Santa Cecilia’, sfuggita miracolosamente a napoleonici e...

La ‘Pala di Santa Cecilia’ della Pinacoteca comunale di Città di Castello

La ‘Pala di Santa Cecilia’ della Pinacoteca comunale di Città di Castello

CITTA’ DI CASTELLO (Perugia)Città di Castello riscopre un nuovo Signorelli: la ‘Pala di Santa Cecilia’, sfuggita miracolosamente a napoleonici e nazisti, era creduta opera di bottega. Oggi il restauro scioglie ufficialmente i dubbi a favore del celebre pittore rinascimentale. Fu destinata al Louvre, per volere del primo direttore Vivant Denon, uomo di fiducia di Napoleone, e solo le sue dimensioni (due metri per tre) ne impedirono la partenza. La predella fu invece ritrovata nel 1945 fra i capolavori destinati al museo immaginario di Hitler. La ‘Pala di Santa Cecilia’ della Pinacoteca comunale di Città di Castello, gemma offuscata dalla patina del tempo, da forti traumi e da pesanti ridipinture, era ritenuta in modo generico un’opera di scuola signorelliana.

L’attribuzione sarà significativamente rivista sabato 28 in occasione della presentazione del restauro integrale della pala, nella pinacoteca cinquecentesca di Città di Castello, alla presenza di Tom Henry, professore emerito della Kent University e massimo esperto di Luca Signorelli, che ufficialmente proporrà la nuova autografia ’Luca Signorelli e Bottega’. L’intervento, reso possibile da Università Ecampus tramite Art Bonus, su ideazione del ricercatore Giuseppe Sterparelli, è stato condotto da Paolo Pettinari sulla pellicola pittorica, Marco Santi sul supporto ligneo e Francesca Rosi nelle indagini scientifiche, sotto la supervisione della Soprintendenza dell’Umbria. Un restauro multidisciplinare che ha coinvolto anche Cnr e Università di Perugia e che si è rivelato determinate per la definitiva attribuzione al pittore rinascimentale, sconfessando quanto scritto nel ’23 da Mario Salmi, il quale aveva associato l’opera a un mediocre pittore eugubino, tale Pietro Baldinacci, influenzando gran parte della critica successiva.

Oggi la pulitura rende invece limpida la lettura, così come l’azzurro del cielo riemerso letteralmente dalla coltre opaca dello sfondo; Santa Cecilia ha riacceso il suo sguardo, lontanissimo dai tratti dimessi che la ricoprivano, ed è stato recuperato il San Francesco, le cui stimmate erano segnate da un vero squarcio sul supporto ligneo. La Vergine ha ritrovato il tipico manto blu notte delle Madonne di Signorelli, senza le calzature posticce che le erano state aggiunte, mentre il Bambino è all’aspetto originario. Il suggello di questa storica operazione si coglie invece nel lembo della veste di Santa Caterina, dove riaffiora fascinosamente una firma nascosta con il nome del pittore (‘LV-CA’) e l’anno di esecuzione, il 1516.