ERIKA PONTINI
Cronaca

Caso Shalabayeva, condannati a Perugia alti dirigenti di polizia

"Rapimento di Stato": cinque anni a Cortese, Improta e due funzionari. La moglie del dissidente kazako Muktar Ablyazov fu rimpatriata nel 2013. Ora è caos per le nomine del Viminale

La sentenza del caso Shalabayeva al tribunale di Perugia

Perugia, 14 ottobre 2020 - E’ l’investigatore che arrestò Giovanni Brusca, il mafioso che pigiò il telecomando della strage, l’attentatuni di Giovanni Falcone ma Renato Cortese è stato condannato per aver  sequestrato la moglie del dissidente kazako, Alma Shalabayeva e la figlioletta Alua di appena 6 anni, nell’ambito di un’operazione di ‘extraordinari rendition’ che sarebbe stata chiesta dal governo del Kazakistan nel 2013

PENE Attuale questore di Palermo e già capo della squadra mobile di Roma, è stato ritenuto colpevole dal tribunale di Perugia e condannato a cinque anni di reclusione e all’interdizione perpetua dai pubblici uffici. Dopo 8 ore di camera di consiglio Il tribunale di Perugia, presidente Giuseppe Narducci (a latere Emma Avella e il got Marino Albani), ha stabilito che quello di Alma e Alua fu un rapimento di Stato. Condannati alla stessa pena anche l’attuale Capo della polizia ferroviaria Maurizio Improta, all’epoca a capo dell’Ufficio immigrazione della questura di Roma e i funzionari di polizia Luca Armeni e Francesco Stampacchia.

Condannata a due anni e 6 mesi Stefania Lavore, giudice di pace di Roma che autorizzò il rimpatrio della donna. Quattro anni e tre anni e sei mesi rispettivamente ai poliziotti Vincenzo Tramma e Stefano Leoni

RIPERCUSSIONI La sentenza è stata letta nell’aula del tribunale di Perugia alle 18, presenti la maggior parte degli imputati, ammesse anche le telecamere. Assenti le parti civili. La decisione avrà risvolti pesanti sullo scacchiere delle nomine che il Viminale si accingeva a fare. Di Cortese si era fatto il nome sia per la Dia (dove è stato nominato Maurizio Vallone, già questore di Reggio Calabria) che per la  Direzione centrale anticrimine (Dac),  diretta dall’ex questore di Perugia e Torino, Francesco Messina.

L’indagine venne istruita dall’allora procuratore aggiunto Antonella Duchini dopo il coinvolgimento del giudice di pace di Roma e quindi la competenza, ex articolo 11 a indagare sui magistrati della Capitale passò a Perugia. All’esito degli accertamenti svolti dai carabinieri del Ros la procura di Perugia ritenne responsabile tutta la catena di comando della polizia mentre nessun politico o magistrato della procura venne coinvolto.

ACCUSA Secondo la ricostruzione accusatoria  Alma Shalabayeva e la figlia di 6 anni Alua – rispettivamente moglie e figlia dell’oppositore politico kazako Mukhtar Ablyazov, ricercato dal governo kazako -, furono espulse dall'Italia in maniera illegale e imbarcate su un volo per Astana. 

RICHIESTE All’esito del dibattimento il pubblico ministero Massimo Casucci aveva chiesto due anni e quattro mesi per l'allora capo della squadra mobile romana Cortese e due anni, due mesi e 15 giorni per l'ex dirigente dell'ufficio immigrazione Maurizio Improta. Il pm aveva chiesto l'assoluzione dal reato principale di sequestro di persona per la giudice di pace che si occupò del caso e per il  poliziotto Stefano Leoni, che era in servizio all'Ufficio immigrazione. Per loro il magistrato aveva sollecitato però la condanna rispettivamente a un anno e 15 giorni e un anno di reclusione. Chiesti inoltre un anno, due mesi e 15 giorni per Luca Armeni e un anno, dieci mesi e 15 giorni per Francesco Stampacchia, entrambi funzionari della squadra mobile, e un anno e cinque mesi per Vincenzo Tramma, agente dell'ufficio immigrazione. Per tutti gli imputati il magistrato aveva sollecitato la concessione delle attenuanti generiche.

SENTENZA Il tribunale non ha concesse le attenuanti condannando i funzionari di polizia per il reato più grave: sequestro di persona, commesso da pubblico ufficiale anche ai danni di una minore. La motivazione della sentenza sarà resa nota tra 90 giorni. Il tribunale ha inoltre trasmesso gli atti alla procura di Perugia per accertare chi cagionò lesioni personali a un domestico della Shalabayeva e stabilito che i danni nei confronti di mamma e figlia saranno liquidati in sede civile. 

L'aula di Perugia durante la sentenza
L'aula di Perugia durante la sentenza