REDAZIONE UMBRIA

"Siccità, vi spiego come salvare il Tevere"

Mario Mearelli (Ecomuseo del fiume): "Non si può gestire l’acqua con interventi emergenziali. Bisogna prevenire le situazioni critiche"

"Non si può gestire l’acqua, salvaguardare gli ecosistemi acquatici e le filiere agricole con le politiche dell’una tantum, con interventi legati allo stato di emergenza (politiche reattive). Invece, la particolare fisionomia del Tevere e la congiuntura climatica imporrebbero politiche di tipo proattivo, anticipando gli interventi necessari per prevenire situazioni critiche. Occorre dunque un piano di conservazione e valorizzazione delle risorse idriche, un’accurata analisi della domanda e della disponibilità d’acqua, adottando piani di gestione che armonizzino gli interessi economici e quelli ambientali". L’analisi è di Mario Mearelli, di Ecomuseo del Tevere, uno che del fiume ne sa davvero parecchio. "Ci si dovrebbe domandare se sono ancora sostenibili le colture del tabacco e del mais – spiega –, considerate le più energivore dal punto di vista chimico e idrico; per la produzione di 20tha di mais sono richiesti fino a 8000 m3ha di acqua, il tabacco comporta un consumo d’acqua 8 volte maggiore ad altre colture come i pomodori o patate. Non esistono dunque alternative, è imperativo razionalizzare l’uso dell’acqua, evitare gli sprechi, riciclarla. "Nella gestione idrica di un bacino idrografico c’è da rispolverare un punto su cui si è molto teorizzato in passato, mai messo in pratica – continua – e cioè l’uso plurimo dell’acqua come bene comune. Giustamente tutti accampano diritti per l’uso dell’acqua: irriguo, idropotabile, industriale, attività sportive (canoe, pesca, ecc)".

"Non bisogna dimenticare la questione ambientale che comprende l’ autodepurazione e la qualità dell’acqua, la difesa della vita acquatica e la biodiversità e infine le funzioni ricreative, culturali, spirituali ed estetiche. Tante attese e tanti portatori di interesse aggiunge Mearelli –, nessuno può però dire “l’acqua è mia” o avanzare diritti prevalenti rispetto agli altri. L’acqua come bene comune richiede una responsabilizzazione di politici e amministratori superando le lacune e le assenze frutto di decenni di gestione monotematica dei territori pianeggianti. Non si può più ritenere sostenibile che un uso prevalente, ad esempio l’uso dell’acqua per irrigazione – conclude –, o per la produzione idroelettrica, comprometta gli interessi dei più (singoli e collettivi)".