"Questo riconoscimento mi fa davvero piacere, lo considero un onore che penso di meritare, senza false modestie". Orgoglioso, emozionato, Silvano Spada è pronto a ricevere la Cittadinanza Benemerita di Todi nella cerimonia che si terrà lunedì alle 17.30 nella Sala del Consiglio di Palazzo del Capitano alla presenza del sindaco Antonino Ruggiano, per celebrare il legame tra la città e quelle figure di spicco che hanno saputo coniugare il successo personale con un impegno significativo verso la comunità. Drammaturgo e regista teatrale amante dell’arte e della bellezza, Spada è il fondatore e il primo direttore artistico del Todi Festival che ha guidato da 1987 al 1998 (con una ripresa dal 2013 al 2015), sempre con intuizioni folgoranti e contro l’omologazione culturale.
L’omaggio di lunedì è la consacrazione del suo impegno..
"Penso sia coerente con quello che ha rappresentato il Todi Festival, nella fase eroica iniziale quando l’ho inventato e portato al successo e dopo, quando ha continuato a resistere fino ad oggi. Evidentemente il motore e la propulsione hanno dato corda lunga, il Festival è ancora vivo nella mente degli artisti e del pubblico. Per questo riconoscimento ci tengo a ringraziare il sindaco, l’amministrazione e la città tutta".
La scintilla iniziale?
"Arriva da lontano, dipende dal fatto che io sono entrato giovanissimo nel mondo dello spettacolo. La spinta viene dal Festival dei Due Mondi, da ragazzini, nei primi anni ’60, andavamo a Spoleto la sera a vedere le star, poi il destino ha voluto che ci tornassi con Anna Magnani e Luca Ronconi. L’idea del festival mi è rimasta addosso, ho sempre pensato alla magia di mettere insieme spettacoli e pubblico, di fare cultura".
E qui arriva Todi..
"All’epoca molti mi suggerirono città più grandi, ma l’idea di Todi, che conoscevo da sempre, mi ha entusiasmato di più. Mi divertiva il gioco tra il festival di Spoleto, il padre nobile, e quello di Todi, il giovane all’arrembaggio".
Ma cosa le è piaciuto di Todi?
"La sua bellezza, penso che un festival debba avere un mondo raccolto intorno. Certo, all’epoca la città era ben diversa da oggi, non c’erano molti ristoranti, bar e alberghi, tante attività sono nate al seguito del Festival. Il successo è dovuto alle scelte e all’impostazione che ho dato ma fondamentali sono stati i tuderti. E protagonista è stata la città, che si è subito innamorata del Festival".
Quali sono stati i punti di forza e i tratti distintivi del Festival?
"L’innovatività rispetto alla tradizione del teatro nobile e l’aver imposto le nuove generazioni di artisti. Molti dei protagonisti del teatro di oggi sono nati con me a Todi, da Vincenzo Salemme a Claudio Santamaria. E accanto ai giovani sono venuti i nomi più celebri come Giorgio Albertazzi, Anna Proclemer, Pupella Maggio. E poi l’attenzione ai temi della contemporaneità, per me è fondamentale e la perseguo anche con l’Off/Off Theatre a Roma".
Lo spettacolo che considera il fiore all’occhiello?
"I titoli sono tantissimi ma io tengo molto al fatto di essere stato il primo a imporre il musical in Italia. Con “Chorus Line“ a Todi è nata la Compagnia della Rancia ed è iniziato il culto del musical nel nostro Paese"
E una delusione?
"No, non ce ne sono. Magari ci sono state difficoltà e qualche diatriba con il vescovo di Todi, con le omelie contro gli spettacoli del Festival. Però eravamo amici...".
Cosa ne pensa della direzione artistica di Guarducci e del futuro della sua creatura?
"Guarducci l’ho suggerito io, dopo essere tornato nel 2013-2015. Ho pensato che un imprenditore di successo avrebbe avuto piacere a mettere una stella in più nel curriculum e con lui il Festival ha continuato a vivere. Per il futuro non so... Quello che auguro a Todi, all’Umbria e al teatro è che il Todi Festival continui sempre...".