REDAZIONE UMBRIA

Lo spaccio "viaggiava" su chat e social. Il gergo: "birre", "cornetti" e "aperitivo"

Nel gergo dei tre giovani finiti mercoledì ai domiciliari

Il capitano Andrea Caneschi

Castiglione del Lago (Perugia), 25 aprile 2020 - Come i boss delle gang americane, danarosi, pronti a scattare foto dei tanti soldi "facili" guadagnati. Dei contanti "sporchi", per farsi belli con gli amici grazie alle foto inviate tramite Telegram, convinti che sia la chat sicura e inespugnabile per condividere anche le cose illegali. C’è anche questo nella maxi inchiesta antidroga che ha svelato una realtà di spaccio e consumo in uno spaccato di Trasimeno. "Due birre", "cornetti", "aperitivo" indicavano il tipo e la quantità di stupefacente e le richieste viaggiavano sui social e le chat moderne.

Per le generazioni nate con lo smartphone la parola d’ordine correva sui messaggini whatsapp, "hai un paio di birre? Passo a prenderle", tradotto significa richiesta e spaccio di droga, marijuana e hashish ma molto spesso anche cocaina. Un giovanissimo castiglionese ne ha acquistati fino a 1700 euro da uno dei tre giovani finiti mercoledì agli arresti domiciliari su esecuzione di una misura cautelare del Gip Natalia Giubilei per mano dei carabinieri della Compagnia di Città della Pieve guidati dal capitano Andrea Caneschi. Le cessioni avvenivano all’interno di un bar dell’hinterland castiglionese di proprietà dei genitori di uno degli arrestati. Un altro giovane racconta agli inquirenti di aver acquistato cocaina almeno 15 volte sempre in quel bar (ad 80 euro al grammo fanno 1200 euro), " le cessioni avvenivano in parte dentro il locale ed in parte sul retro, in tutte le occasioni – racconta il testimone – A. (iniziale di uno degli indagati) aveva con se la cocaina da me ordinata". E poi c’è un altro cliente, che mette insieme ricordi di acquisti per 800 euro, "ad 80 al pezzo almeno una decina di volte per un grammo alla volta" e sempre nei pressi o direttamente dentro il bar.

A marzo del 2019 il questore di Perugia quel bar lo chiude definendolo "laboratorio di produzione di dosi di sostanze stupefacenti preparate per l’immediato spaccio e consumo". Altri 1200 euro in hashish vengono aggiunti da un altro cliente, 1700 per 96 acquisti di 170 grammi tra hashish e marijuana da un altro ancora. Sono oltre venti i giovani indagati e denunciati in questa vicenda, tutti hanno ammesso il consumo e l’esistenza di un giro di droga che ruotava intorno al bar, un’attività di spaccio che il Gip riassume nelle esigenze cautelari per i tre, come uno spaccio reso pericoloso dalla "comprovata abitualità, dalla capillarità dei contatti, dalla pluralità degli episodi accertati, dall’utilizzo di linguaggi cifrati e di sistemi di comunicazione, quali Whatsapp e Telegram, non intercettabile con normali strumenti, dall’utilizzo di un esercizio pubblico quale luogo di copertura e dalla capacità di "supplire" l’uno all’altro nella richiesta di stupefacenti da parte dei clienti". Sara Minciaroni