È in programma oggi l’interrogatorio di garanzia della 18enne spoletina accusata, con una coetanea di Bologna, di aver fondato un’associazione terroristica denominata “Da Wa Italia“, in arabo “La Chiamata“, a sostegno di Al Qaeda e dell’Isis. È questa l’accusa mossa dalla Procura di Bologna e dalla Procura nazionale antimafia e antiterrorismo alla giovane italiana di seconda generazione, che da anni vive a Spoleto con la famiglia di origini algerine e risulta perfettamente integrata. La diciottenne è stata arrestata la vigilia di Natale insieme ad altre quattro persone.
Secondo l’inchiesta, condotta dai carabinieri del Ros, la ragazza si sarebbe radicalizzata già da qualche tempo insieme a un’altra giovane pakistana, residente a Bologna e ritenuta la leader del gruppo nato con l’obiettivo di convincere altri, anche minorenni, ad abbracciare quella che loro definivano la “giusta“ versione dell’Islam, legata cioè al movimento jihadista. Stando all’accusa, si tratterebbe di un’associazione con finalità di terrorismo particolarmente attiva sui social per fare proselitismo e tra l’altro raccogliere fondi per le famiglie dei prigionieri.
La 22enne pakistana e la 18enne di Spoleto non solo nei numerosi post pubblici su Instagram, X e TikTok ma anche nelle loro chat private - emerge dagli atti - parlavano esplicitamente del bisogno di attivarsi per punire gli infedeli. "Arriverà il nostro momento", si dicevano a maggio. Sognavano di portare la legge islamica a Roma, di vivere nello Shaam, nei Paesi come Siria e Palestina, con imposizione della Sharia. Per la Procura i cinque giovani, raggiunti dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip del Tribunale di Bologna, sostenevano Al Qaeda e l’Isis.
L’indagine, coordinata dalla Procura nazionale antimafia e antiterrorismo, è scattata nel settembre 2023 a partire dall’azione di monitoraggio on line sui circuiti radicali di matrice jihadista. Tra i cinque destinatari dell’ordinanza di custodia cautelare c’è anche un ragazzo di origine turca cresciuto a Milano sfuggito all’arresto perché già partito verso il Corno d’Africa, presumibilmente per unirsi alle milizie jihadiste.