Nove centesimi da addebitare all’ignaro cliente ogni volta che questi cliccava su determinate pagine internet. E’ la presunta truffa legata all’attivazione di servizi telematici fraudolenti su cui indaga da oltre un anno la procura di Milano che ora ha messo nel mirino anche l’azienda orvietana Vetrya, già al centro di uno tsunami economico-finanziario collegato al forte calo del titolo in Borsa, alla rinuncia al piano industriale e, soprattutto, ad un consistente crollo di fatturato nel primo semestre dell’anno, pari a 16 milioni di euro i meno rispetto all’analogo periodo del 2020. Il pubblico ministero di Milano Francesco Cajani ha indagato per frode informatica il fondatore ed amministratore delegato di Vetrya Luca Tomassini, l’ex direttore amministrativo Alessandro Prili che si è dimesso il mese scorso e Simone Polverini, ex direttore operativo anche lui uscito da Vetrya ad inizio settembre.
Al centro delle accuse c’è il sistema attraverso il quale una miriade di utenti sarebbero stati truffati attraverso fraudolenti banner pubblicitari che venivano attivati a sovrapprezzo sulla loro scheda sim. L’inchiesta è stata avviata da un anno ed aveva inizialmente coinvolto Wind, ma la svolta sarebbe arrivata grazie alla testimonianza di fronte al pubblico ministero di un ingegnere già consulente di Accenture, la piattaforma tecnologica di Wind. Lo schema sarebbe stato questo: nel 2019 Vetrya era subentrata a Pure Bros nel contrattualizzare i produttori di contenuti di Wind e i dirigenti di Vetrya avrebbero chiesto all’ingegnere di mettere in piedi la truffa. L’appropriazione di nove centesimi a volta era stata tarata in maniera tale da bloccarsi prima della soglia di un euro, in maniera tale che i clienti truffati difficilmente avrebbero potuto accorgersene. Lunedi il gip di Milano Patrizia Nobile ha disposto anche il sequestro preventivo di 204 mila euro sui conti di Accenture di 109 mila euro sui conti di Vetrya. Secondo la procura, la somma complessiva di percentuali di servizi attivati con modalità fraudolente sarebbe pari a 21 milioni di euro.
Vetrya specifica però in una nota di non essere "indagata nell’indagine condotta dalla procura di Milano ed è estranea ai fatti" anche se conferma di aver ricevuto un decreto di sequestro per 109 mila euro. Confidando nell’operato della magistratura, la società confida di "poter dimostrare di non aver mai avuto alcun coinvolgimento diretto nella presunta truffa contestata" e ribadisce di "aver avuto semplicemente un ruolo di aggregatore commerciale che non ha mai interagito con il processo di erogazione dei servizi".
Cla.Lat.